by Redazione | 26 January 2022 | Articoli, Blog
A pochi mesi dalla sua pubblicazione, il report intitolato “The State of Fashion” prodotto da McKinsey & Company insieme a BOF (Business of Fashion), rivela l’andamento globale del settore moda, mettendo in evidenza le prospettive future e i temi caldi che potrebbero caratterizzare il business di tale industria nell’anno appena iniziato. La ricerca è basata sulle testimonianze di oltre 220 manager d’azienda ed esperti del settore che hanno condiviso il loro pensiero a riguardo.
Giunti alla conclusione del secondo anno di pandemia che ha segnato una diminuzione consistente delle vendite (in particolare nel 2020 si è registrato un calo di circa il 20%), si prevede, per il 2022, una progressiva ripresa economica per l’intero settore, con un aumento del 3%-8% delle vendite a livello globale rispetto al 2019.
Dal punto di vista geografico, secondo quanto afferma l’indagine, Cina e Stati Uniti rappresentano i leader di questa crescita mentre l’Europa registra un leggero ritardo in quanto dovrà aspettare il ritorno del turismo internazionale per poter accelerare il passo. Di conseguenza, la velocità di ripresa tra le varie nazioni sarà irregolare e ciò dipenderà non solo dalla presenza di sistemi sanitari ed economici resilienti ma anche dalla capacità dei manager di saper esaminare con attenzione le nuove opportunità di investimento e sfruttare i nuovi trend di mercato che a seguito del covid -19 sono mutati. Richiamando il concetto di “distruzione creatrice” dell’economista Schumpeter, è richiesto un processo di rinnovamento sulla base dell’attuale contesto circostante. Questioni riguardanti tematiche sociali e ambientali come la disparità di genere, l’inclusività e la sostenibilità continueranno ad essere dei punti fondamentali per le imprese del fashion. Molti brand cercheranno di indirizzarsi verso un modello di business circolare in grado di ridurre il più possibile gli sprechi e allungare il ciclo di vita del prodotto.
Altra opportunità di crescita rimarrà il digitale, che ha visto un incremento degli utenti nel mondo del gaming e nell’utilizzo della realtà virtuale. Allo stesso modo, le app di e-commerce avranno un ruolo importante per le vendite ed il marketing; di pari passo, poi, vi è il tema della sicurezza informatica contro eventuali attacchi di hacker.
Una sfida più difficile riguarda le pressioni sulla supply-chain che per il 67% degli intervistati causerà un aumento dei prezzi retail del 3%, mentre per il 15% comporterà un incremento dei prezzi più del 10%. Ciò è dovuto alla complessità del sistema di approvvigionamento, ad un aumento dei costi di spedizione e delle materie prime che comportano la necessità di costruire una catena di fornitura all’avanguardia e flessibile. L’impossibilità di poter viaggiare senza alcune limitazioni a livello internazionale che, come afferma il report, sarà prevista nel 2023/2024, ha ridimensionato in parte il concetto di lusso portando le grandi imprese a porre maggiori attenzioni ai consumatori locali in un’ottica di ciò che viene definito “domestic luxury”. Infatti, diversi sono i brand che si sono adattati alle esigenze e culture locali dei consumatori per costruire una relazione significativa con loro. Di conseguenza, potrebbero essere necessarie nuove strategie di marketing caratterizzate da eventi in grado di rafforzare la community e un mix di merce volto a soddisfare sia i gusti domestici sia quelli dei turisti in arrivo.
La creatività insieme al design saranno gli elementi primari che guideranno il coinvolgimento con il consumatore. È quanto afferma Stefan Larsson, amministratore delegato di PVH corporation secondo cui, nel 2022, sarà proprio la creatività stessa ad essere fattore di differenziazione. Similmente, lo studio di design Tiffany Hill crede che “vedremo più dettagli sui capi e saranno questi ad aggiungere valore a un prodotto”.
Sullo sfondo di questi temi vi è, poi, la ricerca del personale e, in particolar modo, la capacità da parte delle aziende di sapere individuare e trattenere i talenti. Quella delle risorse umane risulta essere una sfida ardua e complessa dal momento che il capitale umano resta la base fondamentale per lo sviluppo di un’azienda. Le imprese del settore moda devono mantenere un certo livello di competitività nel mercato, migliorando le condizioni lavorative dei dipendenti e facendo attenzione ai loro bisogni ed esigenze. Stando alle parole di Caroline Pill, responsabile presso Kirk Palmer Associates, i dipendenti sono per lo più attratti da fattori che si riconducono al chiedersi “quale è il mio impatto all’interno dello schema aziendale?”.
Si tratta di identificare il livello di significatività (“psychological meaningfulness”) che il lavoratore percepisce, cioè la consapevolezza del contributo del proprio lavoro nel perseguimento degli obiettivi dell’organizzazione. A fianco di ciò, sarà cruciale per quest’ultima dimostrare i propri valori e la propensione verso una responsabilità sociale al fine di poter attrarre nuove generazioni di talenti. Aziende che, fino ad oggi, hanno fatto affidamento sul fascino intrinseco del settore e sul potere del brand in questione, devono incrementare gli sforzi in modo tale che i dipendenti siano apprezzati e valorizzati per ciò che fanno. Per rendere più efficace la ricerca ed essere più competitivi, sarà necessario utilizzare strumenti di selezione all’avanguardia e dedicarsi con maggiore impegno a pratiche di employer branding.
Negli anni a venire, aziende che non dimostrano un rinnovamento e uno slancio verso il cambiamento potrebbero non essere più attrattive nel mercato, mentre risulteranno vincitrici coloro che riescono a intraprendere azioni in linea con i nuovi trend e sapranno dialogare a fondo con i propri dipendenti e con i soggetti esterni.
by Redazione | 22 October 2021 | Articoli, Blog, Eventi
In principio era Bitcoin. Ma da allora la tecnologia blockchain ha fatto passi da gigante: nel giro di pochi anni i suoi ambiti applicativi si sono moltiplicati, sono nate blockchain 2.0 come Ethereum, hanno preso forma numerose startup investendo sulle infinite possibilità di utilizzo di tale innovazione.
E il mercato del fashion & luxury non è rimasto a guardare, ma ha seguito con grande interesse lo sviluppo di nuove applicazioni e ha già cominciato a sviluppare proposte, ad investire in progetti per lo sfruttamento della blockchain come supporto per tracciabilità, pagamenti, gestione della supply-chain e metodologie anti-contraffazione. E’ di solo pochi mesi fa la creazione di “Aura Blockchain”, uno sforzo collettivo dei gruppi Prada, LVMH e Cartier che promuove l’utilizzo di una soluzione globale per garantire ai consumatori maggiore trasparenza e tracciabilità. Altri attori si stanno oggi muovendo sul mercato nel tentativo di implementare soluzioni ancora più avanzate, basate sulla blockchain 3.0. Presso i brand presenti in Veneto è questo oggi il vero dibattito.
Se ne è parlato in occasione del Digital Meet 2021 lo scorso 20 ottobre, in un incontro intitolato “La blockchain per la creazione di valore nel mondo del fashion”: un evento unconference nel quale un panel di autorevoli esperti dell’industria della moda e delle tecnologie digitali ha affrontato l’argomento guidato dal pubblico in modalità interattiva, rilevando grandissimo interesse tra i presenti – anche virtualmente – e ponendo le basi per la creazione di un consorzio internazionale per realizzare una struttura blockchain 3.0 a servizio delle imprese del fashion.
Rivedi il video dell’evento su Youtube!
Ospiti dell’incontro sono stati Tito Simone, ex manager di Tom Ford, consulente D2squared e Christian Louboutin e Andrea Pagnoncelli manager di Bottega Veneta, intervenuti per fornire il loro punto di vista lato moda; Enrico Talin di Commerc.io, guru veneto della blockchain e Massimiliano Losego dell’agenzia digitale padovana Atman, nonché presidente di TSI Confcommercio giovani, in qualità di esperti di nuove tecnologie. L’evento, tenutosi a Padova presso la sala conferenze di Talent Garden e visibile anche in streaming, è stato moderato da Walter Macorig di MAS Management Network, società di consulenza che si occupa di progetti di innovazione strategici per i grandi brand del fashion.
Blockchain 3.0, dunque. Ma di cosa si tratta? Secondo Enrico Talin si può sintetizzare come “l’internet dello scambio del valore”. Con blockchain in generale si intende un database condiviso che memorizza dati in forma sicura, creando un contesto di fiducia fra attori sconosciuti mediante una struttura decentralizzata costituita da milioni di pc e server sparsi nel mondo e collegati in rete. Ogni transazione in tale scenario è crittografata, autorizzata e verificata da utenti multipli, nonché tracciata temporalmente. Blockchain 2.0 risolve numerosi problemi di prestazioni generati dalla decentralizzazione spinta, tipica dei Bitcoin, a discapito però di quest’ultima. Blockchain 3.0, grazie a meccanismi alternativi come sidechain e cross-chain, esprime ad oggi tutti i vantaggi delle precedenti versioni oltre ad essere energeticamente efficientissima – il consumo di risorse di calcolo dei Bitcoin sarà presto solo un lontano ricordo.
Questa è la strada da seguire affinché il sistema moda del Veneto non perda il treno, già in partenza, dell’innovazione digitale. Blockchain sarà infatti molto presto imprescindibile per la gestione avanzata di metodi anti-frode e anti-contraffazione, di tracciabilità completa di filiera (la cosiddetta e-delivery), di iniziative mirate di welfare aziendale, di controllo dei big data derivanti dai comportamenti del consumatore, di valutazione qualitativa delle informazioni, di sostenibilità ambientale quantificata, di trasferimento di diritti digitali oltre che di denaro.
Altri contatti:
www.digitalmeet.it
www.atman.it
www.fondazionecomunica.org
by Redazione | 7 May 2021 | Articoli, Blog
STRESS LAVORO-CORRELATO E PRODUTTIVITA’ AZIENDALE
Lo stress viene concepito come la risposta psicofisica ad una quantità di compiti emotivi, cognitivi o sociali percepiti dalla persona come eccessivi. Trasferendo il concetto generale agli ambienti di lavoro si può definire quindi lo stress lavoro-correlato come la percezione di squilibrio avvertita dal lavoratore quando le richieste dell’organizzazione e dell’ambiente di lavoro eccedono le capacità individuali per fronteggiare tali richieste [cfr. “European Agency for Safety and Health at Work”]. Fino ad un certo livello lo stress può avere effetti positivi sul nostro organismo, consentendoci di reagire in modo efficace ed efficiente agli stimoli esterni e di innescare un’adeguata soglia di attenzione; uno stress prolungato però può diventare fonte di rischio per la salute, sia di tipo psicologico che fisico, riducendo l’efficienza sul lavoro.
Tra le conseguenze tipiche dello stress lavoro-correlato vi sono:
- incremento dei fenomeni di assenteismo;
- aumento del turnover non fisiologico;
- minore retention dei collaboratori;
- aumento di incidenti e infortuni;
- bassa produttività;
- declino nella qualità dei prodotti e del servizio;
- mancanza di predisposizione all’innovazione;
- resistenza al cambiamento;
- ridotta immagine sociale dell’organizzazione.
Una conseguenza importante da tenere in considerazione nella valutazione del rischio stress da lavoro correlato è la mancanza di coinvolgimento. Se un ambiente sfidante con una cultura aziendale basata sul timore può, almeno in un primo momento, motivare le persone a dare il meglio, alla lunga l’engagement viene meno. Il coinvolgimento del collaboratore è strettamente legato all’apprezzamento, alla fiducia, al rispetto e al supporto che l’azienda e il manager sono capaci di dimostrare e rappresenta uno dei principali motori della sua produttività.
Sono molti i costi dovuti alla mancanza di engagement. Secondo gli studi condotti da Gallup Organization, i dipendenti non coinvolti registrano un tasso di assenteismo più alto del 37% e commettono il 60% di errori in più. A livello organizzativo, tutto ciò si traduce in minore produttività e minore fatturato. In aggiunta, lo stress nell’ambiente di lavoro porta ad un aumento del turnover di quasi il 50% con conseguenti gravi costi all’azienda. Appare dunque fondamentale per le aziende la capacità di riconoscere e prevenire i segnali di stress nel luogo di lavoro in modo tale da costruire un clima e una cultura positivi. Con l’approvazione del D.lgs. n. 81/2008 il legislatore ha introdotto l’obbligo di valutazione dello stress lavoro-correlato (art. 28, comma 1-bis) tra gli adempimenti a carico del datore di lavoro.
CAUSE DELLO STRESS LAVORO-CORRELATO
Le cause principali dello stress in azienda derivano quasi sempre da una gestione scorretta del personale. Tra le cause principali dello stress in azienda si individuano:
- Eccesso di competitività tra singoli dipendenti e tra reparti;
- Mancato coinvolgimento dei dipendenti nel raggiungimento degli obiettivi aziendali;
- Scarsa valorizzazione delle risorse e degli obiettivi raggiunti dai singoli dipendenti e dai team di lavoro;
- Disorganizzazione e confusione nella gestione quotidiana dei carichi di lavoro in azienda.
Tutte queste circostanze, se reiterate nel tempo, portano i dipendenti a sperimentare una situazione di disagio e frustrazione che andrà ad incidere sulla loro motivazione abbassando la produttività e infine ripercuotendosi negativamente sul fatturato dell’intera azienda.
STRESS LAVORO-CORRELATO E COVID-19
L’emergenza pandemica correlata alla diffusione del Covid-19 ha favorito l’aumento dei casi di stress, ansia e depressione, dato che le recenti disposizioni volte al contenimento e alla gestione dell’emergenza epidemiologica in atto hanno condotto molte aziende ad una forzata “sospensione o rimodulazione dell’attività lavorativa”. Alcuni lavoratori, ad esempio, si sono trovati di fronte ad uno stop forzato dell’attività e al contestuale ricorso agli ammortizzatori sociali (ove presenti). Lo smart-working ha consentito da un lato una maggiore continuità lavorativa, ma dall’altro ne ha spesso stravolte le modalità. La prosecuzione delle attività in alcuni settori essenziali (nonostante la percezione di un alto rischio) ha obbligato molti a dover adattarsi a nuovi orari, turni ecc.
Dare spazio agli aspetti emotivi e psicologici dei lavoratori può consentire ai datori di lavoro di individuare azioni strategiche di prevenzione al fine di contenere e gestire un eventuale disagio individuale e lavorativo. Ad esempio alcune aziende si sono attivate per avviare uno sportello d’ascolto, migliorare la comunicazione e la gestione dei lavoratori in smart working, offrire coaching ai responsabili e richiedere un supporto al cambiamento.
by Redazione | 12 October 2020 | Articoli, Blog, Opportunità
Il MISE (Ministero dello Sviluppo Economico) ha recentemente deciso di stanziare 100 milioni di euro a favore delle PMI del settore manifatturiero per incentivare la Digital Transformation.
A questo fine è stato pubblicato il 1° ottobre un decreto che disciplina i termini e le modalità di presentazione delle domande di agevolazione, che potranno essere presentate a partire dal 15 dicembre 2020 e che saranno rivolte a progetti di innovazione di processo, di innovazione dell’organizzazione o progetti di investimento tecnologico.
Le agevolazioni saranno concesse sulla base di una percentuale nominale dei costi e delle spese ammissibili pari al 50% (articolata come 10% sotto forma di contributo e 40% come finanziamento agevolato).
L’obiettivo, già risalente all’ultimo Decreto Crescita (d.l. 34/19), è quello di favorire la trasformazione tecnologica e digitale dei processi produttivi delle micro, piccole e medie imprese, attraverso l’applicazione di tecnologie avanzate previste nell’ambito di Impresa 4.0 e di quelle relative a soluzioni tecnologiche digitali di filiera. In particolare, l’intervento mira a “sostenere la Digital Transformation nel settore manifatturiero e in quello dei servizi diretti alle imprese, nel settore turistico per le imprese impegnate nella digitalizzazione della fruizione dei beni culturali e nel settore del commercio, contribuendo così agli obiettivi di innovazione e di crescita di competitività dell’intero tessuto produttivo del Paese”.
Noi di MAS Management Network, occupandoci già da tempo di questi temi, siamo a disposizione delle PMI del territorio per fornire supporto su:
- Elaborazione e disegno di iniziative di progetto agevolabili;
- Predisposizione delle domande di finanziamento;
- Consulenza in ambito Impresa 4.0 e Digital Transformation;
- Attività di esecuzione dei progetti.
Nello specifico, i progetti dovranno vertere su contenuti innovativi a livello di best-practice aziendali e/o di nuove tecnologie in ambito digitale, come ad esempio:
“Innovazione dell’organizzazione”, ovvero l’applicazione di nuovi metodi organizzativi nelle pratiche commerciali, nell’organizzazione del luogo di lavoro o nelle relazioni esterne di un’impresa, inclusi i cambiamenti nelle strategie di gestione;
- “Innovazione di processo”, ovvero l’applicazione di un metodo di produzione o di distribuzione nuovo o sensibilmente migliorato (inclusi cambiamenti significativi nelle tecniche, nelle attrezzature o nel software);
- “Investimento tecnologico”, ovvero nuovi progetti basati sull’acquisto di immobilizzazioni materiali e immateriali e/o di servizi funzionali a consentire la trasformazione tecnologica e digitale dell’impresa tramite l’implementazione di nuove tecnologie.
L’intero intervento palesa infatti la volontà di incentivare le imprese all’adozione di metodi e strumenti digitali innovativi, dall’e-commerce alle tecnologie abilitanti (soluzioni avanzate per la produzione, manifattura additiva, realtà aumentata, digital simulation, integrazione orizzontale e verticale, industrial internet, cloud, cyber-security, big data e sistemi di analytics), dai software alle App, compresi sistemi di pagamento mobile e via web, EDI, geolocalizzazione, in-store customer experience, integrazione di sistemi applicata all’automazione dei processi, blockchain, intelligenza artificiale e IoT.
Per tutti i progetti innovativi MAS è in prima linea per fornire servizi di supporto alle aziende interessate e guidarle nell’elaborazione e nell’inserimento delle domande di finanziamento, unitamente alla scelta delle migliori pratiche organizzative ed all’esecuzione delle attività progettuali.
Se interessati, non esitate a contattarci!
by Redazione | 8 September 2020 | Articoli, Blog
L’importanza degli strumenti digitali nel mondo del lavoro e delle imprese è giocoforza sempre maggiore, e la situazione di emergenza legata alla recente epidemia Covid-19 ha notevolmente contribuito ad accelerare la transizione al digitale (o a far emergere più rapidamente le necessità di tale transizione in vari campi) e ad ampliare il dominio delle loro applicazioni. Tutto ciò si è però innestato all’interno di uno scenario più ampio di cambiamenti di tecnologie e di abitudini lavorative che coinvolge l’intera Europa, ed a cui già da tempo gli organismi istituzionali del vecchio continente stanno rivolgendo le loro attenzioni. La Commissione Europea ha stilato un piano quinquennale (2019-2024) per l’innovazione digitale che richiederà sempre più la partecipazione dei soggetti utilizzatori (cittadini, istituzioni, aziende), con il proposito di guidare l’implementazione di nuove tecnologie al fine di un maggiore coinvolgimento sociale e di permettere l’apertura di nuove opportunità, anche economiche e di intrapresa privata.
Ma quali sono i punti cardine del piano con cui le istituzioni europee intendono plasmare il futuro digitale d’Europa? Inquadrando le linee-guida in tre grandi macro-aree (“Tecnologia a servizio delle persone”, “Economia digitale equa e competitiva” e “Società aperta, democratica e sostenibile”) la Commissione mantiene un profilo comunicativo dalla retorica alta, etica e onnicomprensiva, ma le varie iniziative che ne derivano, declinate in senso pratico, celano dei particolari interessanti e indicativi sul comportamento delle imprese operanti nell’area Euro e sulle tendenze future cui allinearsi per un cambiamento di successo, in senso digitale, della cultura aziendale, delle abitudini lavorative e, volendo, degli investimenti privati in innovazione.
Cerchiamo dunque di sintetizzare in 15 punti tali iniziative per la digital transformation:
- Investire nelle competenze digitali dei cittadini e dei lavoratori.
- Proteggere i soggetti pubblici e privati dalle minacce informatiche.
- Garantire uno sviluppo dell’Intelligenza Artificiale rispettoso delle persone.
- Accelerare la diffusione delle infrastrutture di rete (banda larga ultraveloce).
- Accrescere la capacità di calcolo in settori cardine come medicina, trasporti e ambiente.
- Aiutare PMI e start-up, anche mediante finanziamenti per la digital transformation.
- Proporre una “legge sui servizi digitali” per responsabilizzare le piattaforme on-line.
- Aggiornamento delle normative vigenti ai nuovi scenari digitali.
- Garantire concorrenza e pari diritti per le imprese.
- Migliorare l’accesso ai dati, mantenendo la privacy.
- Raggiungere un impatto climatico “zero” entro il 2050, anche grazie alle tecnologie digitali.
- Ridurre le emissioni di carbonio.
- Aumentare il controllo dei soggetti sui loro dati.
- Creare uno spazio europeo unico di dati sanitari.
- Combattere la disinformazione on-line.
Ciò si può tradurre, in termini di vanta
ggi per le imprese, in nuove opportunità in una società digitalizzata, ad esempio è fondamentale investire in strumenti che consentano l’accesso a dati industriali di qualità per ottimizzare la produzione, oppure poter operare in uno scenario in cui vi sia un equo accesso ai mercati, specialmente on-line, anche grazie a regole sulla concorrenza adatte allo scopo. Risulta altresì importante investire non solo nelle infrastrutture, ma anche nelle persone (lavoratori con scarse competenze digitali possono essere un ostacolo alla crescita delle imprese, mentre sempre nuove competenze saranno necessarie per utilizzare gli strumenti digitali). Infine si registra una particolare attenzione al sostegno imprenditoriale per l’uso dell’Intelligenza Artificiale, che si traduce in promozioni di connettività avanzata, sistemi sicuri di Cloud-data, creazione di poli specializzati nell’innovazione digitale, sia a livello di ricerca che per la formazione di consulenti, e infine in un migliore, più facile e più mirato accesso ai finanziamenti.
In sostanza, gran parte dei cambiamenti in seno alle aziende europee, volti anche a coinvolgere i lavoratori nelle loro attività ed ampliare le loro competenze, sono destinati a passare attraverso investimenti nella digital transformation.