Approfondiamo il concetto di “smart working”

Approfondiamo il concetto di “smart working”

La recente emergenza legata al Coronavirus ha forzatamente sottoposto all’attenzione di tutti la questione dello smart working: un modello organizzativo in grado di portare notevoli vantaggi alle organizzazioni che lo adottano, in termini di produttività, raggiungimento degli obiettivi, ma anche in termini di welfare e qualità della vita del lavoratore. Tuttavia approfondire il significato di smart working non è immediato e nemmeno così intuitivo: il concetto resta ancora oggi ambiguo e dev’essere meglio definito. Fare smart working non vuol dire semplicemente “lavorare da casa”. Mentre la digital transformation non è un mero progetto, quanto piuttosto un avvicinamento continuo a tecnologie in evoluzione, fare smart working significa anche imparare a lavorare per progetti e introdurre strumenti condivisi per la pianificazione aziendale. Essendo l’imperativo “basta cartellino”, dinamicità, flessibilità, digitalizzazione e raggiungimento di obiettivi produttivi concordati diventano il nuovo focus, perdendo ovviamente di importanza la presenza fisica dei lavoratori in azienda.

L’Osservatorio del Politecnico di Milano definisce la pratica dello smart working come una filosofia manageriale fondata sulla restituzione alle persone di flessibilità e autonomia nella scelta degli spazi, degli orari e degli strumenti da utilizzare a fronte di una maggiore responsabilizzazione sui risultati. Un nuovo approccio al modo di lavorare e collaborare all’interno di un’azienda che si basa su quattro pilastri fondamentali: revisione della cultura organizzativa, flessibilità rispetto a orari e luoghi di lavoro, dotazione tecnologica e nuovi spazi fisici. Il lavoro Agile è sinonimo di benessere e produttività dei dipendenti, nonché di riduzione delle emissioni. Come si evince da questa definizione, lo smart working va ben oltre il concetto di “telelavoro”. Se infatti quest’ultimo si configura come una vera e propria forma contrattuale, il lavoro Agile rappresenta un accordo tra lavoratore e organizzazione all’interno del rapporto di lavoro subordinato. Le due forme di remote working si differenziano soprattutto in termini di flessibilità e autonomia. Nello smart working, è il lavoratore a scegliere luoghi e orari di lavoro, laddove le regole imposte dal “telelavoro” sono invece abbastanza rigide e prestabilite.

Altro aspetto non secondario, dei quali molti non sono a conoscenza, è che lo smart working in Italia è legge. Dopo un primo periodo sperimentale caratterizzato da vuoti legislativi, parecchia confusione terminologica e discreta anarchia, la Legge n.81 del 22 maggio 2017 (anche detta Legge sul Lavoro Agile) ha finalmente regolato la materia del lavoro da remoto. Le sue direttive sono anche state recentemente ribadite dai DPCM dell’8 marzo, 9 marzo e 22 marzo 2020 in conseguenza dell’epidemia Covid-19.

Considerando la crescente diffusione della filosofia del Lavoro Agile è bene chiedersi allora se le aziende stiano considerando tutti gli elementi fondamentali nel modello. Ogni progetto di smart working, infatti, per avere successo, richiede di considerare contemporaneamente competenze diverse in azienda, modalità di gestione di team di lavoro a distanza, individuando obiettivi specifici, misurabili e definiti nel tempo, e di agire in modo sistemico su diverse leve di progettazione. Essenziale è la complementarietà tra soluzioni tecnologiche adottate, il ripensamento degli spazi e lo sviluppo di competenze e di una cultura aziendale orientata ai risultati. Tecnologie, competenze, spazi e cultura sono insomma le fondamenta alla base di ogni buona pratica di smart working. È necessario dunque un cambio di mentalità importante, nella formazione del personale e nel ruolo dei dirigenti, che porti ad un processo di cambiamento complessivo. Ciò richiede manager con capacità di delega, capacità di utilizzare strumenti adeguati al monitoraggio delle attività e alla valutazione delle performance, ma soprattutto capacità di motivare gruppi di lavoro geograficamente dislocati.

Un ultimo punto da considerare è che ai dipendenti lavorare da casa piace. Un’indagine condotta da CGIL su oltre 6.000 lavoratori ha messo in evidenza l’apprezzamento della maggioranza (oltre il 60%) per il lavoro da casa. Allo stesso risultato è giunta anche una ricerca della società di consulenza Variazioni: la somma di chi ha vissuto bene il lavoro da casa e di chi ne è rimasto addirittura entusiasta ammonta ad una netta maggioranza (sopra l’80% degli intervistati)!

Big Data: un alleato per la ripresa

Big Data: un alleato per la ripresa

L’analista di mercato Doug Laney agli inizi degli anni 2000 ha esplicitato il termine Big Data attraverso tre proprietà, denominate le tre V: Volume, Velocità e Varietà. La definizione cerca di cogliere tutti gli aspetti del gran volume di dati, non necessariamente strutturati, che inondano le aziende ogni giorno. Coloro che si occupano dei Big Data si servono tipicamente di apposite tecniche computazionali e di analisi molto complesse, senza contare che alcuni topics sono ancora oggetto di ricerche. Queste strutture informative, infatti, sprigionano il massimo della forza nel prodotto delle loro analisi, specialmente in un contesto aziendale nel quale risulta fondamentale avere informazioni di valore che portino a decisioni migliori e a mosse strategiche di business.

Con la combinazione di Big Data e analytics, infatti, si possono ottenere risultati nelle più svariate applicazioni, come ad esempio determinare le cause di guasti, problemi e difetti in tempo reale, generare coupon presso i punti vendita in base alle abitudini d’acquisto dei clienti, ricalcolare interi rischi di portafoglio in pochi minuti o rilevare un comportamento fraudolento prima che colpisca l’azienda. A seguito della recente epidemia Covid-19, in uno scenario economico-finanziario molto incerto, l’Università degli Studi di Venezia Ca’ Foscari ha dato il via ad una ricerca per avere una misura di incertezza e per capire come questa si riversi sul mercato.  La difficoltà di prevedere gli sviluppi futuri si riflette e si amplifica sui mercati finanziari, fomentando paura e perdita di valore delle aziende. L’idea interessante di questo studio è la rappresentazione del sistema economico-finanziario attraverso un network, unendo così i principi dello studio di reti sociali a quelli economici e dando luogo a nuovi strumenti di analisi attraverso la valutazione della struttura del sistema prima della pandemia, e quindi fornire strategie per la ripresa e il consolidamento nelle fasi successive al lockdown.

L’Osservatorio Big Data Analytics del Politecnico di Milano nel 2018 ha appurato che il peso di attività correlate nelle piccole e medie imprese sul mercato italiano è fermo al 12% del totale. Questa quota risulta irrisoria contestualizzandola nell’intero panorama industriale, in cui le PMI occupano quasi l’intera scena; ma, analizzando i motivi della mancata diffusione dell’uso dei Big Data nelle PMI in un contesto aziendale di media-piccola grandezza, si evidenzia una difficoltà di stima dei benefici degli investimenti e una mancanza di competenze specifiche – ciò che risulta ancora più rilevante considerando il dato relativo al GDPR (Genral Data Protection Regulation) per cui solo una PMI su 10 ritiene critica la gestione degli aspetti di security e privacy. Cercando di approfondire maggiormente i risultati delle analisi dell’Osservatorio Big Data, si evince che negli ultimi anni il mercato delle PMI sta pian piano aderendo al mercato Analytics (che nel 2018 cresce del +26%), dando luogo a 5 gruppi di PMI che possiamo discriminare in base al grado di integrazione e al know how delle analisi tecnico informatiche, ovvero aziende tradizionali (10%), in preparazione (31%), inconsapevoli o bloccate (42%), pronte (10%) e lanciate (7%).

Per le imprese del territorio c’è dunque ancora molta strada da percorrere, ma a seguito della grande pausa causata dall’epidemia Covid-19 la ripresa può tratte beneficio anche dai Big Data, per i quali il ruolo di una solida struttura di collezionamento e analisi dei dati giova alle aziende e permette loro di migliorarsi e di adeguarsi al mercato in tempi record.