STRESS LAVORO-CORRELATO E PRODUTTIVITA’ AZIENDALE

Lo stress viene concepito come la risposta psicofisica ad una quantità di compiti emotivi, cognitivi o sociali percepiti dalla persona come eccessivi. Trasferendo il concetto generale agli ambienti di lavoro si può definire quindi lo stress lavoro-correlato come la percezione di squilibrio avvertita dal lavoratore quando le richieste dell’organizzazione e dell’ambiente di lavoro eccedono le capacità individuali per fronteggiare tali richieste [cfr. “European Agency for Safety and Health at Work]. Fino ad un certo livello lo stress può avere effetti positivi sul nostro organismo, consentendoci di reagire in modo efficace ed efficiente agli stimoli esterni e di innescare un’adeguata soglia di attenzione; uno stress prolungato però può diventare fonte di rischio per la salute, sia di tipo psicologico che fisico, riducendo l’efficienza sul lavoro.

Tra le conseguenze tipiche dello stress lavoro-correlato vi sono:

  • incremento dei fenomeni di assenteismo;
  • aumento del turnover non fisiologico;
  • minore retention dei collaboratori;
  • aumento di incidenti e infortuni;
  • bassa produttività;
  • declino nella qualità dei prodotti e del servizio;
  • mancanza di predisposizione all’innovazione;
  • resistenza al cambiamento;
  • ridotta immagine sociale dell’organizzazione.

Una conseguenza importante da tenere in considerazione nella valutazione del rischio stress da lavoro correlato è la mancanza di coinvolgimento. Se un ambiente sfidante con una cultura aziendale basata sul timore può, almeno in un primo momento, motivare le persone a dare il meglio, alla lunga l’engagement viene meno. Il coinvolgimento del collaboratore è strettamente legato all’apprezzamento, alla fiducia, al rispetto e al supporto che l’azienda e il manager sono capaci di dimostrare e rappresenta uno dei principali motori della sua produttività.

Sono molti i costi dovuti alla mancanza di engagement. Secondo gli studi condotti da Gallup Organization, i dipendenti non coinvolti registrano un tasso di assenteismo più alto del 37% e commettono il 60% di errori in più. A livello organizzativo, tutto ciò si traduce in minore produttività e minore fatturato. In aggiunta, lo stress nell’ambiente di lavoro porta ad un aumento del turnover di quasi il 50% con conseguenti gravi costi all’azienda. Appare dunque fondamentale per le aziende la capacità di riconoscere e prevenire i segnali di stress nel luogo di lavoro in modo tale da costruire un clima e una cultura positivi. Con l’approvazione del D.lgs. n. 81/2008 il legislatore ha introdotto l’obbligo di valutazione dello stress lavoro-correlato (art. 28, comma 1-bis) tra gli adempimenti a carico del datore di lavoro.

CAUSE DELLO STRESS LAVORO-CORRELATO

Le cause principali dello stress in azienda derivano quasi sempre da una gestione scorretta del personale. Tra le cause principali dello stress in azienda si individuano:

  • Eccesso di competitività tra singoli dipendenti e tra reparti;
  • Mancato coinvolgimento dei dipendenti nel raggiungimento degli obiettivi aziendali;
  • Scarsa valorizzazione delle risorse e degli obiettivi raggiunti dai singoli dipendenti e dai team di lavoro;
  • Disorganizzazione e confusione nella gestione quotidiana dei carichi di lavoro in azienda.

Tutte queste circostanze, se reiterate nel tempo, portano i dipendenti a sperimentare una situazione di disagio e frustrazione che andrà ad incidere sulla loro motivazione abbassando la produttività e infine ripercuotendosi negativamente sul fatturato dell’intera azienda.

STRESS LAVORO-CORRELATO E COVID-19

L’emergenza pandemica correlata alla diffusione del Covid-19 ha favorito l’aumento dei casi di stress, ansia e depressione, dato che le recenti disposizioni volte al contenimento e alla gestione dell’emergenza epidemiologica in atto hanno condotto molte aziende ad una forzata “sospensione o rimodulazione dell’attività lavorativa”. Alcuni lavoratori, ad esempio, si sono trovati di fronte ad uno stop forzato dell’attività e al contestuale ricorso agli ammortizzatori sociali (ove presenti). Lo smart-working ha consentito da un lato una maggiore continuità lavorativa, ma dall’altro ne ha spesso stravolte le modalità. La prosecuzione delle attività in alcuni settori essenziali (nonostante la percezione di un alto rischio) ha obbligato molti a dover adattarsi a nuovi orari, turni ecc.

Dare spazio agli aspetti emotivi e psicologici dei lavoratori può consentire ai datori di lavoro di individuare azioni strategiche di prevenzione al fine di contenere e gestire un eventuale disagio individuale e lavorativo. Ad esempio alcune aziende si sono attivate per avviare uno sportello d’ascolto, migliorare la comunicazione e la gestione dei lavoratori in smart working, offrire coaching ai responsabili e richiedere un supporto al cambiamento.