Il Cosourcing per la selezione dei talenti

Il Cosourcing per la selezione dei talenti

Riuscire nell’impresa di selezionare personale adeguatamente specializzato, in linea con le aspettative aziendali, che sappia lavorare in team portando le proprie competenze e sia ben disposto al miglioramento continuo, è tutt’altro che semplice. Le attività di recruiting e assessment dei candidati, affidate in genere all’ufficio Risorse Umane/HR, possono essere molto complesse, ma allo stesso tempo risultano cruciali per riuscire ad intercettare i talenti sul mercato del lavoro. Infatti, oltre all’investimento sul lavoratore (che è principalmente di natura economica, ma anche amministrativa e psicologica), è necessario impegnare tempo e risorse per svolgere correttamente ed efficacemente l’intero processo di selezione, spesso ripetendolo numerose volte. Non di rado, le aziende non possiedono una struttura HR tale da poter attingere da un bacino sufficientemente ampio e/o mirato di candidati, e necessitano inoltre di supporto nello svolgimento di un processo di selezione completo.

Sono questi i casi tipici nei quali entra in gioco la possibilità di utilizzare il Cosourcing, ossia affidarsi ad una società specializzata nella ricerca e selezione del personale senza dover esternalizzare necessariamente tutte le attività previste, ma riservandosi di svolgere alcuni task specifici (colloqui tecnici, analisi short-list, scelta finale) pur demandando i compiti di ricerca, contatto e prima valutazione dei candidati.

Le 5 fasi principali del processo di recruiting sono:

      • attraction – fase in cui si cerca di attrarre i candidati in ottica multi-canale;
      • assessment – fase in cui si valutano i profili con metriche ad-hoc per la posizione richiesta;
      • selection – fase in cui vengono individuati i candidati migliori per l’azienda (short-list);
      • onboarding – fase in cui il candidato viene assunto e deve essere inserito pienamente in azienda;
      • performance – si valuta l’andamento della selezione effettuata tramite l’analisi delle metriche chiave (KPI).

Il Cosourcing può intervenire ed aiutare le imprese in tutte queste fasi: possono infatti essere messi a disposizione strumenti di comunicazione con logica multi-canale (siti specializzati, social network, Università e scuole di specializzazione, conoscenza diretta, ecc.), logiche di selezione su basi di dati molto ampie e tool software per metterle in pratica, strumenti di valutazione con framework oggettivi e codificati, strumenti per la corretta redazione di liste ed elenchi di nominativi potenzialmente adatti alla posizione da ricoprire, supporto alle relazioni interpersonali, anche di tipo psicologico, nonché parametri per l’analisi delle performance del lavoratore.

Senza dimenticare, naturalmente, le interviste o colloqui conoscitivi in cui si capisce chi è la persona che si ha di fronte, quali sono le sue abilità e competenze (comprese le cosiddette soft skill) e se è in linea con la cultura aziendale. Tutto ciò allo scopo, tra gli altri, di velocizzare l’intero processo, ovvero diminuire il “time to hire”. Le società specializzate in recruiting solitamente hanno la possibilità di svolgere, oltre ai colloqui individuali, anche prove pratiche, test psicometrici, attività di gruppo propedeutiche al team-working e assessment dei candidati. Il recruiter professionista è anche in grado di considerare i cosiddetti bias (distorsioni cognitive) nel momento in cui viene in contatto con il candidato, al fine di non compromettere il momento del colloquio.

Cosourcing, quindi, può essere una soluzione ottimale per quelle realtà imprenditoriali che non possiedono un reparto HR molto strutturato, o che necessitano di ricercare profili particolari, con competenze specifiche e mirate, oppure ancora che hanno bisogno di un confronto tra numerosi profili, anche in situazioni di lavoro multi-disciplinari o che richiedono abilità cross (sia di hard che di soft-skill)… ma che allo stesso tempo non sono obbligate ad esternalizzare l’intero processo di selezione e valutazione dei candidati, che viene invece messo in atto di concerto con gli specialisti del recruiting.

Se siete interessati nel Cosourcing per le attività di selezione e valutazione di candidati, non esitate a contattarci!

Metaverso: nuove prospettive per il futuro

Metaverso: nuove prospettive per il futuro

Lo scorso 28 ottobre, durante la conferenza Connect trasmessa in streaming, Mark Zuckerberg ha presentato “The Metaverse and how we’ll build it together” (qui la diretta). L’evento ha suscitato grande interesse non solo per coloro che desiderano al più presto provarlo, ma anche per tutte quelle aziende che vedono un’opportunità nell’utilizzo di questa piattaforma, essendo già pronte ad effettuare ingenti investimenti. D’altronde, l’idea di una realtà digitale in cui poter interagire con i propri clienti era già emersa in passato ed ora, con l’annuncio del metaverso non è altro che una conferma.

Stando alle parole di Zuckerberg, esso si presenta come una realtà virtuale dove “riusciremo a sentirci presenti come se fossimo fisicamente vicini a prescindere dalla distanza reale”. L’accesso sarà consentito attraverso un proprio avatar che potrà interagire con gli altri utenti ed immergersi in “nuove esperienze incredibili ed entusiasmanti” sia dal punto di vista sociale sia dal punto di vista lavorativo. Infatti, tra le molte funzionalità, come afferma il fondatore di Facebook, vi è la possibilità di creare luoghi e spazi che rispecchiano l’ufficio perfetto dove poter concentrarsi al massimo.

Se si pensa a come gran parte delle aziende, soprattutto a seguito della pandemia, stiano continuando ad adottare un sistema ibrido di lavoro, la scelta di sperimentare una piattaforma in grado di creare “una sensazione di presenza” può essere efficace nello svolgimento di riunioni, collaborazioni e progetti a distanza. D’altra parte, si è già avuto modo di vedere come, con lo smart working, molti lavoratori riescono ad avere un migliore equilibrio vita-lavoro e gli impatti ambientali, dovuti agli spostamenti, sono diminuiti. Negli ultimi anni, infatti, molte aziende hanno avviato un processo di digital transformation (qui il nostro articolo a riguardo) volto ad implementare i sistemi organizzativi al fine di creare modelli più sostenibili e interconnessi tra di loro.

Ciò spiega in parte il motivo per cui, alcuni colossi del settore tech come Microsoft, Google e Nvidia (azienda che sviluppa processori grafici per il mercato videoludico e professionale) abbiano già investito nel metaverso il cui valore di mercato, secondo una stima di Bloomberg Intelligence (cfr. Bloomberg Professional Services) potrà valere 800 miliardi entro il 2024. Se si considera poi, la possibilità di poter acquistare attraverso gli avatar biglietti per eventi, vestiti e prodotti di vario genere, è chiara la scelta di aziende come Nike e Adidas (e non solo) di investire in questa piattaforma.

Il settore moda è stato particolarmente influenzato dalle sfide messe in atto dalla pandemia. Infatti, la mancanza di eventi in presenza come la presentazione di nuove collezioni o semplicemente l’impossibilità di potersi recare negli store fisici e provare il prodotto, ha spinto tali aziende a ridimensionare il rapporto con il cliente. Di fatto, ciò che da sempre si cerca di raggiungere, è riuscire a creare una forma di coinvolgimento che va oltre il semplice acquisto. Se da un lato si è visto come la strategia omnichannel (qui il nostro articolo sull’argomento) sia in grado di soddisfare il consumatore e ottimizzare il processo di vendita, dall’altro si è assistito ad un cambiamento del ruolo dei negozi fisici che puntano a creare un’esperienza unica capace di suscitare emozioni nei confronti del cliente.

Le emergenze dovute al covid-19 e le nuove prospettive in tema digitalizzazione e sostenibilità hanno determinato per il settore fashion nuove strategie comunicative e l’ingresso in nuovi settori di mercato. Negli ultimi due anni, infatti, alcuni grandi marchi di abbigliamento tra cui Gucci, Louis Vuitton e Balenciaga sono entrati nel mondo del gaming, vestendo, rispettivamente, personaggi digitali di Roblox, League of Legends, e Fortnite. Se da un lato lo scopo è offrire un’esperienza più immersiva e permettere all’utente di avere un contatto più stretto con il brand, dall’altro risulta essere un ottimo strumento di marketing per l’azienda stessa, che in tal modo può intercettare più facilmente il target di suo interesse. Si pensi, ad esempio, alla generazione Z che è cresciuta con le nuove tecnologie, attenta alle tematiche sociali e alla ricerca di autenticità e di nuovi trend da sperimentare.

Un ulteriore aspetto da tenere in considerazione è la diffusione degli NFT, ovvero i token digitali, che oltre al mondo dell’arte, stanno interessando i mercati della moda e del design. Attraverso questo strumento e con l’aiuto della blockchain, le maison sono in grado di permettere al cliente di acquistare abiti digitali unici e originali da poter indossare in varie occasioni nel mondo virtuale. In tale modo, si viene a incrementare il valore della brand awareness interagendo con la propria community in maniera più profonda.

Sulla base di queste osservazioni, è evidente come l’ingresso nel metaverso da parte del settore moda avvenga in modo spontaneo e naturale. Si tratterebbe, infatti, di proseguire quella strada verso il mondo digital e virtuale intrapresa recentemente. Oltre al già citato Gucci che ha avuto 19 milioni di visitatori nella mostra virtuale “Gucci Garden” attraverso il metaverso di Roblox (cfr. Business of Fashion), altri importanti brand si stanno muovendo all’interno di questo nuovo sistema. Tra questi, vi è il gruppo OTB che, da poco, ha comunicato il lancio BVX (Brave Virtual Experience), un nuovo Centro di Competenza interamente dedicato allo sviluppo di progetti e contenuti destinati al mondo virtuale.

Tutto ciò rappresenta una nuova fase e una sfida per le aziende del settore moda che dovranno adattarsi ad una realtà sempre più liquida e in costante mutamento cercando di mantenere intatto il rapporto con il cliente. Questo richiede una maggiore flessibilità sia a livello strutturale che manageriale. Si pensi, semplicemente, ai processi produttivi che potrebbero cambiare dal momento che a fianco delle collezioni fisiche saranno presenti quelle digitali.

In generale, tuttavia, ci sono ancora alcuni aspetti che necessitano di essere presi in considerazione. Primo fra tutti, si pone la questione degli effetti a lungo termine sia a livello individuale sia collettivo che l’utilizzo di questa realtà virtuale può comportare. Se da un lato rappresenta un nuovo mercato in cui poter creare nuovi posti di lavoro e margini di profitto, dall’altro è fondamentale tenere presente gli effetti psicologici sulle persone immerse in un mondo che reale non è. Salvaguardare la salute mentale sia del singolo individuo che quella collettiva, risulta essere, quindi, una prerogativa rilevante. Richiamando il noto romanzo di Aldous Huxley, l’idea di un “Mondo Nuovo” che per alcuni può sembrare distopico è, di fatto, già realtà sebbene ci vogliano ancora diversi anni affinché ognuno di noi possa sperimentare direttamente l’ormai famoso metaverso.

In Veneto i brand del lusso studiano la Blockchain 3.0

In Veneto i brand del lusso studiano la Blockchain 3.0

In principio era Bitcoin. Ma da allora la tecnologia blockchain ha fatto passi da gigante: nel giro di pochi anni i suoi ambiti applicativi si sono moltiplicati, sono nate blockchain 2.0 come Ethereum, hanno preso forma numerose startup investendo sulle infinite possibilità di utilizzo di tale innovazione.

E il mercato del fashion & luxury non è rimasto a guardare, ma ha seguito con grande interesse lo sviluppo di nuove applicazioni e ha già cominciato a sviluppare proposte, ad investire in progetti per lo sfruttamento della blockchain come supporto per tracciabilità, pagamenti, gestione della supply-chain e metodologie anti-contraffazione. E’ di solo pochi mesi fa la creazione di “Aura Blockchain”, uno sforzo collettivo dei gruppi Prada, LVMH e Cartier che promuove l’utilizzo di una soluzione globale per garantire ai consumatori maggiore trasparenza e tracciabilità. Altri attori si stanno oggi muovendo sul mercato nel tentativo di implementare soluzioni ancora più avanzate, basate sulla blockchain 3.0. Presso i brand presenti in Veneto è questo oggi il vero dibattito.

Se ne è parlato in occasione del Digital Meet 2021 lo scorso 20 ottobre, in un incontro intitolato “La blockchain per la creazione di valore nel mondo del fashion”: un evento unconference nel quale un panel di autorevoli esperti dell’industria della moda e delle tecnologie digitali ha affrontato l’argomento guidato dal pubblico in modalità interattiva, rilevando grandissimo interesse tra i presenti – anche virtualmente – e ponendo le basi per la creazione di un consorzio internazionale per realizzare una struttura blockchain 3.0 a servizio delle imprese del fashion.

Rivedi il video dell’evento su Youtube!

 

Ospiti dell’incontro sono stati Tito Simone, ex manager di Tom Ford, consulente D2squared e Christian Louboutin e Andrea Pagnoncelli manager di Bottega Veneta, intervenuti per fornire il loro punto di vista lato moda; Enrico Talin di Commerc.io, guru veneto della blockchain e Massimiliano Losego dell’agenzia digitale padovana Atman, nonché presidente di TSI Confcommercio giovani, in qualità di esperti di nuove tecnologie. L’evento, tenutosi a Padova presso la sala conferenze di Talent Garden e visibile anche in streaming, è stato moderato da Walter Macorig di MAS Management Network, società di consulenza che si occupa di progetti di innovazione strategici per i grandi brand del fashion.

Blockchain 3.0, dunque. Ma di cosa si tratta? Secondo Enrico Talin si può sintetizzare come “l’internet dello scambio del valore”. Con blockchain in generale si intende un database condiviso che memorizza dati in forma sicura, creando un contesto di fiducia fra attori sconosciuti mediante una struttura decentralizzata costituita da milioni di pc e server sparsi nel mondo e collegati in rete. Ogni transazione in tale scenario è crittografata, autorizzata e verificata da utenti multipli, nonché tracciata temporalmente. Blockchain 2.0 risolve numerosi problemi di prestazioni generati dalla decentralizzazione spinta, tipica dei Bitcoin, a discapito però di quest’ultima. Blockchain 3.0, grazie a meccanismi alternativi come sidechain e cross-chain, esprime ad oggi tutti i vantaggi delle precedenti versioni oltre ad essere energeticamente efficientissima – il consumo di risorse di calcolo dei Bitcoin sarà presto solo un lontano ricordo.

Questa è la strada da seguire affinché il sistema moda del Veneto non perda il treno, già in partenza, dell’innovazione digitale. Blockchain sarà infatti molto presto imprescindibile per la gestione avanzata di metodi anti-frode e anti-contraffazione, di tracciabilità completa di filiera (la cosiddetta e-delivery), di iniziative mirate di welfare aziendale, di controllo dei big data derivanti dai comportamenti del consumatore, di valutazione qualitativa delle informazioni, di sostenibilità ambientale quantificata, di trasferimento di diritti digitali oltre che di denaro.

Altri contatti:

www.digitalmeet.it

www.atman.it

www.fondazionecomunica.org

 

Gli incentivi per l’innovazione digitale 4.0

Gli incentivi per l’innovazione digitale 4.0

PANORAMICA GENERALE

rappresenta la quarta rivoluzione industriale, caratterizzata dall’obiettivo di una produzione industriale del tutto automatizzata e interconnessa. Questo nuovo paradigma avrà un impatto profondo nell’ambito di quattro principali matrici di sviluppo: la prima riguarda l’utilizzo dei dati, specificatamente la centralizzazione e conservazione delle informazioni, che si declina in big data, Internet of Things (IoT), machine-to-machine interaction e cloud computing. La seconda riguarda il settore analytics, ovvero la capacità di ricavare valore dai dati raccolti, che si sviluppa poi in “machine learning”. La terza direttrice di sviluppo è l’interazione uomo-macchina, come rappresentato dalla realtà aumentata. Infine c’è il settore che si occupa delle tecnologie abilitanti il passaggio dal digitale al reale, come la manifattura additiva, la stampa 3D e la robotica, con l’obiettivo di razionalizzare i costi e ottimizzare le prestazioni.

L’innovazione digitale è un concetto così ampio e trasversale da toccare tutte le matrici di sviluppo della quarta rivoluzione industriale. Essa è al centro di tutti quei cambiamenti tecnologici, organizzativi, sociali e creativi che migliorano la vita di tutti i giorni. Questi processi son identificabili nel concetto di digital transformation che impatta non solo sulle tecnologie ma anche su modelli organizzativi e di business delle imprese e del lavoro. L’innovazione digitale può rappresentare una leva fondamentale nel raggiungimento di tre obiettivi cruciali: accelerare la crescita economica grazie all’aumento di produttività e competitività delle imprese; agevolare lo sviluppo sostenibile grazie a una riduzione degli sprechi e del consumo di risorse; ridurre le disuguaglianze e le situazioni di fragilità creando più sicure condizioni lavorative e nuove opportunità di ingresso nel mercato del lavoro. (more…)

Stress da lavoro: Covid-19 e produttività aziendale

Stress da lavoro: Covid-19 e produttività aziendale

STRESS LAVORO-CORRELATO E PRODUTTIVITA’ AZIENDALE

Lo stress viene concepito come la risposta psicofisica ad una quantità di compiti emotivi, cognitivi o sociali percepiti dalla persona come eccessivi. Trasferendo il concetto generale agli ambienti di lavoro si può definire quindi lo stress lavoro-correlato come la percezione di squilibrio avvertita dal lavoratore quando le richieste dell’organizzazione e dell’ambiente di lavoro eccedono le capacità individuali per fronteggiare tali richieste [cfr. “European Agency for Safety and Health at Work]. Fino ad un certo livello lo stress può avere effetti positivi sul nostro organismo, consentendoci di reagire in modo efficace ed efficiente agli stimoli esterni e di innescare un’adeguata soglia di attenzione; uno stress prolungato però può diventare fonte di rischio per la salute, sia di tipo psicologico che fisico, riducendo l’efficienza sul lavoro.

Tra le conseguenze tipiche dello stress lavoro-correlato vi sono:

  • incremento dei fenomeni di assenteismo;
  • aumento del turnover non fisiologico;
  • minore retention dei collaboratori;
  • aumento di incidenti e infortuni;
  • bassa produttività;
  • declino nella qualità dei prodotti e del servizio;
  • mancanza di predisposizione all’innovazione;
  • resistenza al cambiamento;
  • ridotta immagine sociale dell’organizzazione.

Una conseguenza importante da tenere in considerazione nella valutazione del rischio stress da lavoro correlato è la mancanza di coinvolgimento. Se un ambiente sfidante con una cultura aziendale basata sul timore può, almeno in un primo momento, motivare le persone a dare il meglio, alla lunga l’engagement viene meno. Il coinvolgimento del collaboratore è strettamente legato all’apprezzamento, alla fiducia, al rispetto e al supporto che l’azienda e il manager sono capaci di dimostrare e rappresenta uno dei principali motori della sua produttività.

Sono molti i costi dovuti alla mancanza di engagement. Secondo gli studi condotti da Gallup Organization, i dipendenti non coinvolti registrano un tasso di assenteismo più alto del 37% e commettono il 60% di errori in più. A livello organizzativo, tutto ciò si traduce in minore produttività e minore fatturato. In aggiunta, lo stress nell’ambiente di lavoro porta ad un aumento del turnover di quasi il 50% con conseguenti gravi costi all’azienda. Appare dunque fondamentale per le aziende la capacità di riconoscere e prevenire i segnali di stress nel luogo di lavoro in modo tale da costruire un clima e una cultura positivi. Con l’approvazione del D.lgs. n. 81/2008 il legislatore ha introdotto l’obbligo di valutazione dello stress lavoro-correlato (art. 28, comma 1-bis) tra gli adempimenti a carico del datore di lavoro.

CAUSE DELLO STRESS LAVORO-CORRELATO

Le cause principali dello stress in azienda derivano quasi sempre da una gestione scorretta del personale. Tra le cause principali dello stress in azienda si individuano:

  • Eccesso di competitività tra singoli dipendenti e tra reparti;
  • Mancato coinvolgimento dei dipendenti nel raggiungimento degli obiettivi aziendali;
  • Scarsa valorizzazione delle risorse e degli obiettivi raggiunti dai singoli dipendenti e dai team di lavoro;
  • Disorganizzazione e confusione nella gestione quotidiana dei carichi di lavoro in azienda.

Tutte queste circostanze, se reiterate nel tempo, portano i dipendenti a sperimentare una situazione di disagio e frustrazione che andrà ad incidere sulla loro motivazione abbassando la produttività e infine ripercuotendosi negativamente sul fatturato dell’intera azienda.

STRESS LAVORO-CORRELATO E COVID-19

L’emergenza pandemica correlata alla diffusione del Covid-19 ha favorito l’aumento dei casi di stress, ansia e depressione, dato che le recenti disposizioni volte al contenimento e alla gestione dell’emergenza epidemiologica in atto hanno condotto molte aziende ad una forzata “sospensione o rimodulazione dell’attività lavorativa”. Alcuni lavoratori, ad esempio, si sono trovati di fronte ad uno stop forzato dell’attività e al contestuale ricorso agli ammortizzatori sociali (ove presenti). Lo smart-working ha consentito da un lato una maggiore continuità lavorativa, ma dall’altro ne ha spesso stravolte le modalità. La prosecuzione delle attività in alcuni settori essenziali (nonostante la percezione di un alto rischio) ha obbligato molti a dover adattarsi a nuovi orari, turni ecc.

Dare spazio agli aspetti emotivi e psicologici dei lavoratori può consentire ai datori di lavoro di individuare azioni strategiche di prevenzione al fine di contenere e gestire un eventuale disagio individuale e lavorativo. Ad esempio alcune aziende si sono attivate per avviare uno sportello d’ascolto, migliorare la comunicazione e la gestione dei lavoratori in smart working, offrire coaching ai responsabili e richiedere un supporto al cambiamento.

Credito d’imposta e Transizione 4.0: nuovi benefici in vista

Credito d’imposta e Transizione 4.0: nuovi benefici in vista

Il recente nuovo Piano nazionale denominato “Transizione 4.0”, rafforzato dalla Manovra di Bilancio 2021 con circa 24 miliardi di euro agganciati al Recovery plan, ha come obiettivo quello di favorire e accompagnare le imprese nel processo di transizione tecnologica e di sostenibilità ambientale, rilanciando il ciclo degli investimenti penalizzato dall’emergenza legata al Covid-19. La Manovra proroga fino al 31 dicembre 2022 le misure cardine del Piano (credito d’imposta per gli investimenti in beni strumentali nuovi e 4.0, bonus su attività di Ricerca e Sviluppo, credito d’imposta Formazione 4.0) e aggiunge una serie di novità interessanti per le imprese.

Ad esempio, il bonus fiscale per le attività di Ricerca e Sviluppo per il biennio 2021-2022 vede aumentare dal 12% al 20% il beneficio fiscale sulle spese ammissibili, fino a un massimo di 4 milioni di euro di spesa, aggiungendo però la necessità di predisporre una relazione tecnica asseverata, che deve accompagnare la certificazione delle spese. Possono beneficiare del bonus fiscale tutte le imprese residenti nel territorio italiano o che abbiano una stabile organizzazione in Italia. Sono considerate attività di Ricerca e Sviluppo ammissibili al credito d’imposta le attività di ricerca fondamentale, di ricerca industriale e sviluppo sperimentale che perseguono un progresso o un avanzamento delle conoscenze o delle capacità generali in campo scientifico o tecnologico.

I costi ammissibili in questo caso riguardano il personale (ricercatori, tecnici titolari di rapporto di lavoro subordinato o autonomo, con un ulteriore incentivo del 150% nel caso di laureati under-35 in materie scientifiche al primo impiego), le spese per beni materiali mobili e software, le quote di ammortamento su privative industriali, i contratti di ricerca extra-muros, i servizi di consulenza e le spese per materiali e forniture. L’intervento può viaggiare in parallelo anche con pratiche relative alla Formazione 4.0, che godono di ulteriore beneficio sempre sotto forma di credito d’imposta (fino al 50% delle spese di formazione del personale).

Inoltre, nel decreto Sostegni sono ancora attese una serie di modifiche ai benefici già previsti, in linea con le richieste di Bruxelles, allo scopo di sostenere la transizione digitale del paese, per un totale di 6,7 miliardi di euro. Scopo di tali modifiche (che ci si aspetta verranno inserite in un nuovo decreto del Governo Draghi) è quello di rispondere alla UE, che all’inizio dell’anno ha invitato l’Italia ad adottare interventi funzionali alla digital transformation dell’industria italiana che vadano anche oltre il semplice sostegno per il rinnovamento dei degli strumenti e dei macchinari. Ci si aspetta dunque un pacchetto di misure che andrà a correggere gli incentivi 4.0 previsti dalla Legge di Bilancio 2021.

Di certo non v’è nulla ad oggi, ma è probabile che verranno aggiunti ulteriori benefici e migliorati alcuni interventi già in essere. Ad esempio, potrebbe essere confermata un’aliquota maggiorata al 50% per il credito d’imposta su beni strumentali 4.0 anche per il 2022, così come potrebbero esserci delle modificazioni sulle aliquote per quanto riguarda i software, sia 4.0 che tradizionali; inoltre, ci si attende un intervento mirato ad agevolare la transizione allo Smart Working, che ha subito recentemente una ulteriore spinta a causa della situazione generale legata al Covid-19.

In attesa di novità, si ricorda che sono già fruibili tutti gli interventi principali per il biennio 2021-2022 in ottica 4.0.