Big Data: un alleato per la ripresa

Big Data: un alleato per la ripresa

L’analista di mercato Doug Laney agli inizi degli anni 2000 ha esplicitato il termine Big Data attraverso tre proprietà, denominate le tre V: Volume, Velocità e Varietà. La definizione cerca di cogliere tutti gli aspetti del gran volume di dati, non necessariamente strutturati, che inondano le aziende ogni giorno. Coloro che si occupano dei Big Data si servono tipicamente di apposite tecniche computazionali e di analisi molto complesse, senza contare che alcuni topics sono ancora oggetto di ricerche. Queste strutture informative, infatti, sprigionano il massimo della forza nel prodotto delle loro analisi, specialmente in un contesto aziendale nel quale risulta fondamentale avere informazioni di valore che portino a decisioni migliori e a mosse strategiche di business.

Con la combinazione di Big Data e analytics, infatti, si possono ottenere risultati nelle più svariate applicazioni, come ad esempio determinare le cause di guasti, problemi e difetti in tempo reale, generare coupon presso i punti vendita in base alle abitudini d’acquisto dei clienti, ricalcolare interi rischi di portafoglio in pochi minuti o rilevare un comportamento fraudolento prima che colpisca l’azienda. A seguito della recente epidemia Covid-19, in uno scenario economico-finanziario molto incerto, l’Università degli Studi di Venezia Ca’ Foscari ha dato il via ad una ricerca per avere una misura di incertezza e per capire come questa si riversi sul mercato.  La difficoltà di prevedere gli sviluppi futuri si riflette e si amplifica sui mercati finanziari, fomentando paura e perdita di valore delle aziende. L’idea interessante di questo studio è la rappresentazione del sistema economico-finanziario attraverso un network, unendo così i principi dello studio di reti sociali a quelli economici e dando luogo a nuovi strumenti di analisi attraverso la valutazione della struttura del sistema prima della pandemia, e quindi fornire strategie per la ripresa e il consolidamento nelle fasi successive al lockdown.

L’Osservatorio Big Data Analytics del Politecnico di Milano nel 2018 ha appurato che il peso di attività correlate nelle piccole e medie imprese sul mercato italiano è fermo al 12% del totale. Questa quota risulta irrisoria contestualizzandola nell’intero panorama industriale, in cui le PMI occupano quasi l’intera scena; ma, analizzando i motivi della mancata diffusione dell’uso dei Big Data nelle PMI in un contesto aziendale di media-piccola grandezza, si evidenzia una difficoltà di stima dei benefici degli investimenti e una mancanza di competenze specifiche – ciò che risulta ancora più rilevante considerando il dato relativo al GDPR (Genral Data Protection Regulation) per cui solo una PMI su 10 ritiene critica la gestione degli aspetti di security e privacy. Cercando di approfondire maggiormente i risultati delle analisi dell’Osservatorio Big Data, si evince che negli ultimi anni il mercato delle PMI sta pian piano aderendo al mercato Analytics (che nel 2018 cresce del +26%), dando luogo a 5 gruppi di PMI che possiamo discriminare in base al grado di integrazione e al know how delle analisi tecnico informatiche, ovvero aziende tradizionali (10%), in preparazione (31%), inconsapevoli o bloccate (42%), pronte (10%) e lanciate (7%).

Per le imprese del territorio c’è dunque ancora molta strada da percorrere, ma a seguito della grande pausa causata dall’epidemia Covid-19 la ripresa può tratte beneficio anche dai Big Data, per i quali il ruolo di una solida struttura di collezionamento e analisi dei dati giova alle aziende e permette loro di migliorarsi e di adeguarsi al mercato in tempi record.

Fashion: il sistema Moda Italia si conferma ancora protagonista

Fashion: il sistema Moda Italia si conferma ancora protagonista

Fonte: www.mbres.it

E’ stato recentemente pubblicato il report 2014-2018 dell’Area Studi di Mediobanca relativo alle maggiori aziende del sistema Moda, sia italiane (173 aziende con fatturato superiore ai 100 milioni di euro) che europee (46 grandi gruppi con fatturato superiore ai 900 milioni di euro). Lo studio conferma anche per l’anno 2018 un trend di crescita sia del fatturato che occupazionale, con alcuni corollari interessanti che aiutano a comprendere l’evoluzione del settore.

Il giro d’affari totale in Italia si assesta infatti attorno ai 72 miliardi di euro (+9,4% rispetto al 2015), viaggiando così negli ultimi anni ad una velocità circa doppia rispetto alla crescita del PIL, a testimonianza del fatto che stiamo parlando di un settore di traino dell’economia (anche l’occupazione è aumentata, sebbene con una leggera flessione negli ultimi due anni). Andando un po’ più a fondo si scorge che, a livello di ricavi, emergono i comparti abbigliamento (42,6% del totale), pelletteria (23,1%) e occhialeria (15,6%), mentre si distinguono come crescita delle vendite i settori della gioielleria, del tessile, della pelletteria e delle calzature. Ciò indica anche una preminenza delle grandi realtà nei comparti maggiormente in espansione nel nostro paese per ciò che riguarda il mercato del lusso.

Per quanto riguarda la proprietà dei brand, si consolida la presenza di attori stranieri, i quali controllano il 34,7% del fatturato aggregato; essi sono soprattutto di nazionalità francese (14,2% del fatturato), specificamente per la presenza di due grandi gruppi multinazionali, ovvero Kering e LVMH. Cionondimeno, le società a controllo italiano primeggiano per redditività sui gruppi stranieri (ebit al 9,3% rispetto al 6,2%), in particolare per quanto concerne le aziende quotate in borsa ed a conduzione familiare. Queste ultime sono anche le più propense all’esportazione in settori comunque molto dipendenti dalla clientela straniera: infatti la quota parte del loro fatturato derivante dall’export è pari all’86,1%.

Lo scenario europeo è anch’esso dominato dalle grandi multinazionali, e sebbene il peso dell’Italia sia inferiore a quello di Germania, Regno Unito e Francia (quest’ultima è nettamente la capofila, con il 34,6% del fatturato aggregato), il nostro paese è comunque il più rappresentato a livello numerico (14 grandi realtà).

Cosa dobbiamo aspettarci nei prossimi anni? Il Fashion italiano continuerà a crescere fino a raggiungere e superare quota 80 miliardi di euro, e buona parte di questa crescita sarà trainata dalla visibilità e dalla reputazione on-line dei brand, i quali dovranno giocoforza adottare complesse Digital Strategy e approfondire temi quali la sostenibilità, l’ambiente, l’etica del lavoro e l’economia circolare, oltre a confermarsi in termini di affidabilità e qualità del prodotto.

Le conseguenze organizzative del Big Data management

Le conseguenze organizzative del Big Data management

Un recente passaggio evolutivo nell’applicazione delle tecnologie digitali nelle imprese italiane è stato quello relativo all’implementazione di infrastrutture e servizi cloud, che ha determinato e determina un certo cambiamento nei processi interni alle aziende. Questo genere di evoluzione tecnologica è tuttora in corso, guidata non solo dall’emergere di soluzioni web-based per le imprese, ma anche da nuovi abilitatori digitali decisamente pervasivi ed efficaci quali IoT (Internet-of-things), intelligenza artificiale e machine learning, o reti mobili di ultima generazione come il 5G.

Tutte queste tecnologie hanno in comune la creazione e l’utilizzo di una immensa mole di dati, cosa che ha generato la conseguente necessità di gestirli ed analizzarli, unitamente ad altre spinte di natura principalmente normativa (si pensi al GDPR sulla gestione della privacy e dei dati personali in vigore da qualche anno in Europa), mediante tecniche di Big Data management.

Le aziende si sono presto trovate quindi nella necessità di effettuare delle scelte per adeguarsi al cambiamento tecnologico, ed ognuna di esse sta avendo il suo riverbero nella conduzione dei processi aziendali e nell’organizzazione dell’impresa in senso sia strategico che operativo. Ad esempio, a livello direzionale, le realtà di mercato più all’avanguardia hanno iniziato da tempo ad adottare strategie di change management adatte all’implementazione ed allo sfruttamento dei nuovi paradigmi tecnologici (Digital Strategy). A livello operativo, molte imprese si sono attivate in vari modi per assorbire le competenze tecniche specifiche, sia mediante formazione che mediante reperimento sul mercato di figure professionali, per poter utilizzare al meglio gli strumenti innovativi di cui si stanno dotando seguendo l’evoluzione delle infrastrutture informatiche. Tale evoluzione procede velocemente ed è molto complesso anticipare i tempi prevedendone gli sviluppi concreti, tuttavia emergono alcuni elementi che sembrano fornire delle indicazioni chiare, almeno su di un piano sufficientemente generale: si va verso l’integrazione (ad esempio l’integrazione dei dati sul comportamento dei clienti con le attività di marketing e di customer service, dei dati di lavorazione dei macchinari e del reparto produttivo con la gestione della qualità del prodotto e della manutenzione predittiva, delle informazioni di mercato con le strategie di vendita, dei dati di produttività con la gestione delle risorse umane, eccetera) e ciò porta ad interpretare l’azienda come un anello di una supply-chain di dimensioni più ampie.

Questo si riflette direttamente sulla capacità di controllo e di analisi dei dati (Analytics e BI), il che espande il tema dei Big Data ben oltre il perimetro della singola impresa classica, coinvolgendo non solo, com’è ovvio, clienti e fornitori nelle loro attività tipiche di vendita e di acquisto, ma l’intera filiera del valore comprensiva delle tendenze comportamentali e sociali di tutti gli attori in gioco, interpretata a partire dall’utilizzo di tutti gli strumenti innovativi generatori effettivi di dati (ad oggi i dispositivi mobili hanno raggiunto un livello di pervasività totale anche in ambito lavorativo in ogni reparto, e le applicazioni software sono decisamente più determinanti delle soluzioni hardware).

Come si può facilmente comprendere, un tale sforzo di innovazione continua pretende altrettali impegni di riorganizzazione aziendale con un conseguente (e pesante) adeguamento dei processi, nonché l’eventuale implementazione di nuovi processi che possano rispondere alle emergenti esigenze di gestione – in particolare dei Big Data e delle modalità di loro interpretazione a fini imprenditoriali.

Il mercato dei prodotti informatici e dei servizi per la gestione di una grande mole di dati è in ascesa, ed ha superato da poco, in Italia, il miliardo di euro. Accedervi senza adeguati progetti di innovazione organizzativa potrebbe rivelarsi un boomerang.

Innovation & Technology al Politecnico Calzaturiero

Innovation & Technology al Politecnico Calzaturiero

Il mercato italiano è unico in termini di creatività e patrimonio di conoscenze, soprattutto in settori come quello del Fashion e dell’abbigliamento e calzature di lusso. Tuttavia le aziende ormai agiscono sempre più in uno scenario digitale. Come possono preservare l’unicità del loro marchio in tale scenario? Come far fruttare le competenze tradizionali nel mondo informatizzato? Come ottimizzare i processi di sviluppo creativo e di produzione con il supporto degli strumenti digitali?

A queste ed altre domande si è cercato di rispondere durante il seminario “Innovation & technology: PLM nell’industria del Fashion”, ospitato mercoledì 10 aprile nella sede del Politecnico Calzaturiero e che ha visto partecipare importanti realtà imprenditoriali del settore quali Lotto e Christian Louboutin assieme ad altre a servizio dell’industria (hanno avuto modo di presentare i loro prodotti Centric, focalizzato sul suo pacchetto PLM, 3D Excite e SolidWorks per le applicazioni software 3D, Nuovamacut con esempi reali di stampa tridimensionale su periferiche HP), compresa la presenza di MAS in veste di co-organizzatori.

Mauro Tescaro - Direttore del Politecnico CalzaturieroNell’introduzione di Mauro Tescaro, direttore del Politecnico Calzaturiero, oltre ad una presentazione delle attività formative e didattiche dell’istituto, sono state sottolineate le linee guida del dibattito: cercare di scoprire come la tecnologia e l’innovazione possano servire il Made in Italy per competere nel mercato globale valorizzando le singole abilità creative e produttive. Una nutrita platea di astanti, composta perlopiù da manager e tecnici di aziende venete (sia multinazionali del fashion con presenza locale, sia PMI che operano nella filiera del lusso), ha potuto quindi dapprima verificare le funzionalità particolari di pacchetti software al servizio dello sviluppo prodotto e della produzione (gestione distinte base, materiali, accessori, componenti, classificazioni, ma anche prototipi 3D) e poi assistere ai racconti delle esperienze vissute sul campo da chi ne ha già iniziata l’implementazione.

Walter Macorig di MASIn veste di relatore, Walter Macorig ha tenuto un primo intervento sull’ “Importanza del Digital Product Development nell’era 4.0”: in quanto società di consulenza, MAS ha curato numerosi progetti di innovazione sullo sviluppo prodotto e con piattaforme PLM presso importanti marchi della moda, esperienze che hanno permesso di focalizzare alcuni punti di attenzione (ad esempio sull’importanza della progettazione e sulla cura del cambiamento organizzativo, non secondari all’aggiornamento dei sistemi) e fornire degli spunti al pubblico a partire da situazioni reali. Numerose esigenze imprenditoriali nascono infatti da esigenze pratiche: controllo dei costi, aumento dei margini, maggiore velocità, maggiore qualità. Per questo sono risultati particolarmente interessanti i racconti delle effettive esperienze progettuali nei successivi due interventi, relativi a importanti realtà che operano in mercati diversi nel mondo della calzatura, tenuti da Sebastiano Di Camillo di LottoStonefly e Tito Simone di Christian Louboutin, i quali hanno delineato gli impatti delle implementazioni tecnologiche nelle loro aziende e le modalità con cui li hanno gestiti. Nell’ultima parte del seminario ci si è invece calati a scandagliare le possibilità di applicazione di un software PLM e i suoi relativi benefici, grazie alla presentazione puntuale di Silvano Joly di Centric della loro soluzione.

Considerate le reazioni del pubblico, si è potuta avere la conferma che si tratta di temi molto sentiti e all’ordine del giorno: il grande vantaggio di eventi come questo è poter raccogliere le esperienze sul campo di aziende che credono nell’innovazione digitale, stanno sviluppando progetti e si trovano così ad affrontare problemi simili a quelli di molte imprese del territorio. I sistemi Digital oggi non sono solo sviluppo prodotto, ma anche vendite, marketing, approvvigionamenti e integrazioni di filiera, analisi dei dati, sistemi di collaborazione e quant’altro. Ma ad ogni modo, anche dai casi studio emersi è stato confermato come i progetti di innovazione siano strategici in questo momento storico, e come non si tratti solo di mere introduzioni di strumenti tecnologici, quanto piuttosto di strategie di profonda trasformazione organizzativa.

Manifattura 4.0 e Digital Transformation

Manifattura 4.0 e Digital Transformation

I profondi cambiamenti che l’industria manifatturiera ha vissuto e sta vivendo in questi anni traggono origine principalmente dalle tecnologie digitali, e da modalità sempre nuove con le quali è possibile far interagire le persone con tali tecnologie. Nata nelle fabbriche con l’uso dei computer ai fini di automazione della produzione, e sviluppatasi rapidamente a partire dalla diffusione appunto di tecnologie digitali quali data analytics, business intelligence, Internet-of-things e intelligenza artificiale, l’Industria 4.0 si estende oggi potenzialmente a tutti i livelli aziendali, generando quindi la necessità di cambiamenti organizzativi, di processi e di funzioni sotto il segno della Digital Transformation.

 

Questa rivoluzione è destinata a modificare il modo in cui le aziende generano, raccolgono ed utilizzano dati, ottenendo informazioni utili e prendendo di conseguenza delle decisioni che possono avere un grosso impatto sull’operatività, oppure mirate a creare valore per il cliente finale, infine giungendo ad un netto miglioramento delle performance. Un soddisfacente livello di maturità digitale da raggiungere, in questo caso, costituisce l’orizzonte di ogni impresa che si trovi nel bel mezzo di un percorso di innovazione iniziato con l’automazione della produzione e/o di una parte della supply-chain, e proseguito con l’utilizzo di nuove tecnologie anche negli uffici di progettazione, di marketing o amministrativi. La difficoltà ora sta nel riuscire con successo ad adottare iniziative di trasformazione digitale più ampie, riguardanti l’intera struttura aziendale, poiché è in questa direzione di completa integrazione che si sta muovendo il mondo delle imprese manifatturiere.

 

Per esempio, è tramite strumenti di robotica avanzata in fabbrica, di realtà aumentata per la logistica, di IoT e di analisi dei dati, che la Digital Transformation sta materialmente accelerando il passo di cambiamento delle imprese. Ma ciò non è sufficiente, poiché devono essere modificati anche i processi di lavoro e l’assetto organizzativo, e molte volte anche gli strumenti informatici, coerentemente con una precisa digital strategy, per favorire una quanto più possibile completa integrazione digitale.

 

Quali sono i fattori chiave che consentono al management di brand manifatturieri di sfruttare al meglio le possibilità offerte dalle innovazioni connesse ad Industria 4.0? Primo, la comprensione del valore che le nuove soluzioni tecnologiche possono dare al proprio business; secondo, la prontezza di adottare tali tecnologie in conformità con la strategia adottata. E quali devono essere i tratti caratteristici delle imprese manifatturiere che guardano al futuro? Oggi si aggiungono, ai fattori cruciali di sempre quali talento, competenza, innovazione di prodotto, anche una digital strategy di medio-lungo termine efficace e dinamica (comprendente verosimilmente anche innovazioni di processo) e una politica di investimenti in innovazione mirata al cliente e guidata dalle tecnologie digitali (si pensi, per esempio, a quanto oggi sempre più prodotti vengano offerti corredati da servizi forniti in automatico grazie al digitale, spesso in Cloud o via App).

La strada da percorrere per le realtà della manifattura che vogliano oggi rimanere all’avanguardia della Digital Transformation in ottica Industria 4.0 è quindi duplice: da un lato l’integrazione a tutti i livelli degli adeguati strumenti digitali; dall’altro la traduzione, mediante idee innovative, talento e know-how, delle nuove tecnologie in innovazione che porti valore al cliente.