Sono in corso di perfezionamento le iniziative proposte dalle istituzioni europee nell’ambito del grande piano per la Sostenibilità ambientale denominato Green Deal. Si prevede che alcune di queste iniziative, oltre che incentivare in generale l’innovazione aziendale in termini di miglioramento delle condizioni ambientali (tramite efficientamento energetico, riduzione delle emissioni, aumento della quota di rinnovabili, riciclo e ri-utilizzo, trasparenza e tracciabilità ecc.), diventeranno presto norme di legge in Europa. Come annunciato nel piano d’azione per l’economia circolare, infatti, la Commissione propone “nuove norme per rendere quasi tutti i beni fisici presenti sul mercato dell’UE più rispettosi dell’ambiente, circolari ed efficienti sotto il profilo energetico lungo l’intero ciclo di vita dalla fase di progettazione fino all’uso quotidiano, al cambio di destinazione e alla gestione del fine vita”. Entro il 2030 il nuovo quadro potrà assicurare, tra l’altro, un risparmio di circa 150 miliardi di metri cubi di gas naturale.

Per il settore Moda, in generale, emerge il duplice obiettivo di rendere i prodotti tessili più durevoli, riparabili, riutilizzabili e riciclabili, affrontando il problema del “fast fashion” e della distruzione dei tessili invenduti, oltre che per garantire che la produzione avvenga nel pieno rispetto dei diritti dei lavoratori; inoltre, di responsabilizzare i consumatori nella transizione verde, garantendo loro una migliore informazione sulla sostenibilità ambientale dei prodotti e una migliore protezione dal marketing ingannevole. Il consumo di prodotti tessili nel vecchio continente si trova “al quarto posto per maggiore impatto sull’ambiente e sui cambiamenti climatici dopo l’alimentazione, gli alloggi e la mobilità; si tratta inoltre del terzo settore in ordine di consumi per quanto riguarda l’uso di acqua e suolo e del quinto per l’uso di materie prime primarie”.

Per quanto concerne il mercato del Fashion in particolare, infatti, due sono le novità più rilevanti, che verranno presumibilmente attuate nel corso del 2023: il Digital Product Passport e l’Anti-Greenwashing Plan. Le proposte si basano sul successo delle attuali norme dell’UE in materia di progettazione ecocompatibile, che hanno comportato notevoli riduzioni del consumo energetico e risparmi significativi per i consumatori.

DIGITAL PRODUCT PASSPORT:
Si tratta del passaporto digitale di ogni singolo prodotto, contenente una serie di informazioni (provenienza, luoghi delle lavorazioni, materiali, smaltimento, ecc.) relative al suo grado di sostenibilità ambientale e volto ad aiutare i consumatori e le imprese a compiere scelte consapevoli al momento dell’acquisto, per facilitare le riparazioni, il riciclo e incentivare la trasparenza. Ogni prodotto verrà quindi accompagnato nel suo intero viaggio commerciale da un’etichetta con dati leggibili digitalmente, che renderà trasparente “il grado di ecosostenibilità del capo, la tipologia dei materiali, i processi con cui è stato realizzato, la sua riciclabilità, il trasporto e, ancora, le iniziative green utili a compensare l’impatto ambientale”. Il passaporto digitale potrà fare uso delle ultime tecnologie informatiche come ad esempio Blockchain, NFT e geolocalizzazione, implementando così meccanismi automatici di tracciabilità lungo la catena di approvvigionamento a garanzia di autenticità e veridicità. La proposta prevede anche “misure volte ad arrestare la distruzione dei beni di consumo invenduti, accrescere il potenziale degli appalti pubblici verdi e incentivare i prodotti sostenibili”. Il parere delle istituzioni è che i produttori debbano assumersi la responsabilità dei propri prodotti lungo la catena del valore, anche una volta divenuti rifiuti. Ciò migliorerà anche la trasparenza verso il consumatore.

ANTI-GREENWASHING PLAN:
Saranno messe in atto iniziative stringenti per quanto riguarda il greenwashing, ovvero la tecnica di comunicazione/marketing che tenta di capitalizzare la crescente domanda di prodotti e comportamenti a basso impatto ambientale, accendendo i riflettori su azioni che in realtà non sono autentiche, ma promosse al solo scopo di mostrarsi virtuosi dal punto di vista della Sostenibilità. Ciò si tradurrà ben presto nell’obbligo, da parte dei brand, di sostanziare e supportare le proprie affermazioni con dati certi, scientifici, certificati da organi autorevoli e riconosciuti, veicolando informazioni precise, non generiche e verificabili. Gli esempi di ricorso alla tecnica del greenwashing nel recente passato sono innumerevoli, e hanno coinvolto marchi del calibro di H&M, Coca Cola, Eni e Ikea, solo per citare i più famosi. Nel settore Moda, già da tempo sono attive certificazioni specifiche, come il Global Recycle Standard per le materie prime proveniente da riciclo, oppure il Global Organic Textile Standard che verte sulle modalità di produzione di fibre naturali biologiche.

Come si evince, le sfide e le innovazioni cui le aziende dovranno far fronte nel prossimo futuro non sono da poco, e si allineano con l’attuale delicata situazione in termini energetici e ambientali in Europa. Sta ora a loro trasformare il cambiamento in opportunità di business.