Tendenze del Fashion sostenibile

Tendenze del Fashion sostenibile

Uno dei temi che sta acquistando notevole importanza a livello socio-culturale ed economico negli ultimi tempi è quello della Sostenibilità. In modo particolare la produzione di vestiti ha un enorme impatto sull’ambiente: l’industria della moda infatti rappresenta il 10% delle emissioni globali ed è la seconda più inquinante al mondo dopo quella dei combustibili fossili.  Il 20% dei rifiuti per il packaging viene dall’industria tessile e la tintura dei vestiti è la seconda causa di inquinamento dell’acqua al mondo. A peggiorare ulteriormente la situazione c’è l’esplosione del Fast Fashion, ossia la moda a basso costo che spinge i consumatori a comprare più di quanto serve e si finisce ad utilizzare i vestiti molto meno di quanto effettivamente potrebbero essere usati. Basti pensare che, secondo una ricerca, un capo di abbigliamento viene utilizzato in media sette volte dal momento in cui viene comprato a quando finisce in discarica, mentre invece il numero di volte che si dovrebbe indossare un capo di abbigliamento per poter dire di averne ammortizzato il costo ambientale è trenta.

Per giungere ad una moda di lusso sostenibile, i brand dovranno attuare processi produttivi che garantiscano prodotti sostenibili e all’altezza delle necessità e dei gusti contemporanei. La sostenibilità di un brand si basa sulla trasparenza a livello produttivo, sull’analisi dei suoi impatti nella produzione, sulla presenza nella catena del valore, sull’etica verso i dipendenti e sulla qualità della manodopera.

Nel settore della moda del lusso ci sono molti brand che stanno investendo nella sostenibilità, da diverse stagioni a questa parte e stanno cambiando alcune metodologie di produzione, sperimentando collezioni più etiche e carbon free, eliminando quasi del tutto l’impiego di pellicce animali e impegnandosi per smaltire in modo sostenibile gli scarti. In modo particolare il marchio sostenibile per eccellenza è Stella McCartney. La stilista dal 2011, anno di fondazione del suo brand, è diventata l’apripista dei marchi di lusso sostenibili. Basti pensare alla sfilata autunno inverno 2022/2023: il 67% della collezione è realizzata con materiali sostenibili. Protagoniste le sneaker più sostenibili mai realizzate dal brand, ottenute da un mix di materiali riciclati, riconvertiti a base biologica. Stella McCartney utilizza molto il cotone biologico, un materiale riciclabile ma anche biodegradabile, ed Econyl, un nylon proveniente dal riciclo di plastica e reti da pesca. Usa anche un materiale proveniente da foreste certificate, simile al Tencel.

L’iniziativa della sostenibilità con il riciclo dei vestiti usati ha riscosso molto successo e molti marchi più piccoli e meno conosciuti hanno aderito al progetto. Alcuni di loro attuano già degli sconti per un numero definito di capi portati in negozio di qualsiasi genere e marca. Un fenomeno in crescita è infatti l’economia dell’usato, dove i consumatori hanno già dimostrato di appoggiare in maniera positiva l’iniziativa. La testimonianza è data dal successo di Vinted, sito di vendita online con sede in Lituania per l’acquisto, la vendita e lo scambio di articoli nuovi o di seconda mano, principalmente abbigliamento ed accessori. L’azienda è stata creata nel 2008 a Vilnius, capitale della Lituania, da Milda Mitkute e Justas. Sicuramente nessuno si sarebbe mai aspettato il successo di questa idea: in poco più di dieci anni, la piattaforma è riuscita ad inserirsi in 13 mercati distinti. Ad oggi, Vinted è uno dei più grandi marketplace internazionali C2C in Europa dedicato all’abbigliamento vintage e all’acquisto di oggetti di seconda mano.

Gli ingredienti fondamentali per la buona riuscita di una sostenibilità nel settore della moda sono: la qualità, la trasparenza e la centralità del cliente. In modo particolare, il potere mediatico di questi brand è fondamentale per mandare un messaggio positivo al consumatore: essere responsabili non significa dimenticarsi dello stile e dell’eleganza che rende speciali i diversi marchi con i propri prodotti di punta, ma è fondamentale per salvaguardare l’ambiente soprattutto in prospettiva futura. L’innovazione è uno dei pilastri base del viaggio verso la sostenibilità.

Moda e tecnologia tra Sostenibilità e Innovazione

Moda e tecnologia tra Sostenibilità e Innovazione

Al giorno d’oggi, parlare di sostenibilità all’interno del settore moda è diventato un must e per quanto l’argomento possa cadere in considerazioni retoriche e ridondanti, trattare certe tematiche permette di aumentare la consapevolezza e far sì che, questa,  sia messa al servizio dei nostri comportamenti e scelte di acquisto. Spesso, tale tema è accompagnato dal concetto di innovazione inteso come processo capace di combinare determinati fattori esistenti per realizzare un prodotto che, in questo caso, risulti avere un basso impatto ambientale. Il legame tra sostenibilità e innovazione è dato dall’utilizzo di tecnologie che, progressivamente, stanno diventando parte integrante dell’industria fashion giocando un ruolo chiave negli sviluppi logistici e produttivi.

Si è introdotto, così, il termine moda sostenibile facendo riferimento a un cambiamento di paradigma che pone l’attenzione sia all’aspetto sociale sia a quello ambientale. Si tratta, fondamentalmente, di riuscire a garantire un’economia circolare basata sul riutilizzo dei prodotti, sulla riduzione degli sprechi e sulla salvaguardia delle condizioni lavorative dei dipendenti lungo la filiera. Ma perché è necessario promuovere un tale sistema e perché è importante che ognuno di noi sappia cosa sta indossando? La risposta è facilmente intuibile se si osservano i dati relativi all’inquinamento prodotto dall’industria moda considerata uno dei settori più allarmanti dal punto di vista dell’ impatto ambientale.

Stando a quanto riferito nel report “The State of Fashion 2022”, ogni anno nel mondo vengono prodotti circa 40 milioni di tonnellate di rifiuti tessili, la maggior parte dei quali sono inceneriti o smaltiti in discarica. Indumenti fabbricati con poliestere e altre fibre sintetiche sono fonte di microplastiche che rappresentano una grave minaccia per la vita marina. Le conseguenze sono emissioni di CO2 pari a 2,1 miliardi di tonnellate l’anno che rendono il settore responsabile del 4%-10% delle emissioni globali annuali. Se si pensa poi, alla fase di produzione, risulta ben chiaro quanto sia necessario un interesse da parte di ognuno di noi a riguardo. Durante la fase di tintura tessile, ad esempio,  l’acqua utilizzata viene spesso scaricata in fossati, torrenti o fiumi contribuendo al loro inquinamento.   Per produrre una maglietta di cotone, si stima che ci vogliano 2700 L di acqua, l’equivalente di ciò che beve una persona in due anni e mezzo. Per un paio di jeans si arriva a oltre 9000 L. Questi numeri ci possono dir poco ma sono cruciali per l’ambiente in cui viviamo e le conseguenze che ne possono derivare, a causa di un mancato intervento, non saranno di certo piacevoli. Siamo ancora in tempo, allora,  per non cadere nel baratro di una via senza ritorno? Forse.

Negli ultimi anni, grazie a una maggiore sensibilizzazione dei consumatori verso tematiche green e sociali, diverse imprese del settore moda hanno ridimensionato le loro prerogative in un’ottica più sostenibile cercando di ridurre gli effetti negativi. Un recente sondaggio condotto da una società svizzera che ha coinvolto circa 10 000 consumatori appartenenti alla generazione Z e ai millennial, ha rilevato che l’80% degli intervistati è intenzionato a comprare solo prodotti sostenibili o almeno quanti più possibili (cfr. Bloomberg). Ulteriore spinta è stata data dagli obiettivi che i governi si sono posti per sanare l’emergenza climatica e per promuovere un’economia circolare. Durante l’ultimo incontro COP26 tenutosi a Glasgow lo scorso novembre, 130 aziende (tra cui Stella McCartney, Burberry, H&M Group, Adidas, il gruppo Kering, Chanel, Nike ) e 41 organizzazioni di supporto hanno dichiarato il loro impegno a dimezzare le emissioni entro il 2030, e a ridurle a zero entro il 2050 (cfr. The State of Fashion 2022).

Oltre a incoraggiare l’uso di materiali come il cotone organico, il poliestere riciclato (quest’ultimo permette un risparmio di energia del  60%) e fibre di nylon provenienti dalle reti da pesca, diverse tecnologie si stanno sviluppando per agevolare pratiche sostenibili. A fungere da driver di questo cambiamento ci sono diverse start-up innovative che stanno cercando di trovare delle metodologie per convertire scarti di materiale organico, derivanti da industrie agricole e alimentari, in nuovi tessuti. Ne sono un esempio alcune aziende del Made-in Italy che riescono a realizzare fibre simili alla cellulosa dalle bucce di arancia e tessuti dall’intreccio di fili di seta tinti con i fondi del caffè. Un’interessante iniziativa è portata avanti dal progetto di ricerca industriale Tex – Style che, insieme all’ente Enea e al centro ricerche Fiat, sta progettando un materiale hi-tech utilizzando fibre di carbonio riciclato. Il prodotto finito è destinato ad un abbigliamento tecnico ma anche all’arredamento (cfr. Tessuti da fibra di carbonio riciclata). Ulteriore soluzione si sta sviluppando per la fase di smaltimento del cotone per cercare di trasformarlo in catene di zuccheri e successivamente in bioetanolo introducendo una nuova energia nel ciclo produttivo.

E’ evidente come la contaminazione tra moda e tecnologia rappresenti una fase di progresso verso un sistema economico e sociale più sostenibile. Tuttavia, per poter raggiungere tale sistema sono necessarie risorse finanziarie che permettono di sviluppare su larga scala queste innovazioni. Il contributo che può dare ognuno di noi, a livello di singola persona,  è acquistare di meno, preferibilmente prodotti locali, di seconda mano, e utilizzare il capo il più a lungo possibile. Infatti, alcuni studi hanno dimostrato che le persone tendono a non indossare più un vestito dopo solo 10 volte che lo hanno usato (cfr. Bloomberg). Inoltre, conoscere in dettaglio il prodotto che si sta acquistando ci permette di capire la provenienza dei materiali e come questi sono stati trattati. Per garantire queste informazioni è necessario incrementare sistemi di trasparenza e tracciabilità.

Noi di MAS, da sempre, ci impegniamo a sostenere e aiutare le imprese che abbracciano pratiche di sostenibilità e vogliono sviluppare modelli di business circolari. Riteniamo che la valorizzazione dei prodotti locali del Made-in-Italy realizzati secondo criteri di eticità e trasparenza sia fondamentale per promuovere un consumo consapevole.

L’ecologista G. Hardin nel suo articolo “The tragedy of the commons” (1968) , affermava citando Hegel: “Freedom is the recognition of necessity” intendendo con queste parole che noi, in quanto società, dobbiamo riconoscere che certe nostre azioni possono portare a risultati indesiderati e che limitare le stesse non significhi limitare la libertà. Dunque, se indirizzare le nostre scelte verso un acquisto più consapevole ci può sembrare una minaccia al libero arbitrio, ricordiamoci che riconoscere la necessità di preservare l’ambiente circostante e garantire alle generazioni future le stesse risorse, è essa stessa una forma di libertà.

Nuovi incentivi 4.0 per le PMI

Nuovi incentivi 4.0 per le PMI

Grazie al programma europeo ReactUE, sono stati recentemente stanziali 678 milioni di Euro per sostenere gli investimenti delle PMI italiane nella realizzazione di progetti innovativi legati alle tecnologie 4.0: sostenibilità, economia circolare e risparmio energetico. Le misure adottate sottoforma di incentivi riguarderanno per gran parte il tema dell’ammodernamento degli impianti attraverso l’utilizzo di nuove tecnologie che, oltre a incrementare la produttività e migliorare la sostenibilità ambientale, dovranno favorire sviluppo, innovazione e occupazione.

Il primo provvedimento in cantiere è infatti un nuovo Bando focalizzato sugli investimenti 4.0, che si rivolge alle PMI del manifatturiero e dei servizi che operano e intendono continuare ad operare in Italia. Le agevolazioni sono concesse sotto forma di contributo per immobilizzazioni materiali o immateriali ammortizzabili, e copriranno dal 25% al 60% delle spese delle PMI italiane per progetti di implementazione tecnologica, con differenze su base regionale nonché sulle dimensioni aziendali.

I progetti agevolabili devono esser volte all’ampliamento della capacità produttiva, alla diversificazione della produzione, al cambiamento fondamentale del processo di produzione, o alla realizzazione di una nuova unità produttiva, attraverso l’utilizzo di tecnologie abilitanti individuate dal piano “Transizione 4.0”:

  • manifattura avanzata: tecnologie per gestire macchine, impianti e sistemi che si possono connettere tra loro e permettere il controllo da remoto;
  • manifattura additiva: creazione di oggetti fisici tridimensionali a partire da un modello digitale;
  • realtà aumentata o assistita: scenario in cui le attività umane sono supportate da tecnologie che permettono l’integrazione in tempo reale con informazioni in diversa forma (grafica, sonora, testuale…);
  • integrazione logistica: digitalizzazione lungo tutta la catena del valore al fine di creare un flusso automatizzato efficiente ed efficace, monitorabile in modo accentrato;
  • IOT: sistema di dispositivi “intelligenti” in grado di comunicare ed interagire tra loro e con il mondo circostante, attraverso Internet e con protocolli standard;
  • sistemi Cloud: sistemi di gestione delle informazioni e/o dei software in ambiente virtuale e tramite Internet;
  • simulazione cyber-fisica: sistemi digitali (di dati o grafici) in grado di simulare, testare e ottimizzare i processi prima ancora della realizzazione fisica di un prodotto;
  • cybersecurity: sistemi di sicurezza delle reti dati;
  • Big Data: tecnologie e pratiche per la raccolta e l’analisi di grandi moli di dati;
  • blockchain: tecnologie digitali a registro condiviso che permettono la validazione di transazioni e informazioni;
  • Intelligenza Artificiale: tecnologie digitali in grado di apprendere, rettificare e pianificare automaticamente il loro comportamento in base a fattori esterni o dati raccolti (es. “machine learning”).

Le spese ammissibili per ogni singolo progetto, che possono arrivare sino a 3 milioni di Euro, potranno essere relative relative a:

  • macchinari, impianti e attrezzature;
  • opere murarie;
  • programmi informatici e licenze per l’uso di macchinari;
  • acquisizione di certificazioni ambientali;

La presentazione delle domande avverrà attraverso la procedura a sportello. MAS Management Network è disponibile per supportare le PMI che hanno la volontà di intraprendere progetti di rinnovamento industriale in ottica 4.0, guidandole nella presentazione della domanda di incentivo.

Cosa aspettarsi per il settore Fashion nel 2022

Cosa aspettarsi per il settore Fashion nel 2022

A pochi mesi dalla sua pubblicazione, il report intitolato “The State of Fashion” prodotto da McKinsey & Company insieme a BOF (Business of Fashion), rivela l’andamento globale del settore moda, mettendo in evidenza le prospettive future e i temi caldi che potrebbero caratterizzare il business di tale industria nell’anno appena iniziato. La ricerca è basata sulle testimonianze di oltre 220 manager d’azienda ed esperti del settore che hanno condiviso il loro pensiero a riguardo.

Giunti alla conclusione del secondo anno di pandemia che ha segnato una diminuzione consistente delle vendite (in particolare nel 2020 si è registrato un calo di circa il 20%), si prevede, per il 2022, una progressiva ripresa economica per l’intero settore, con un aumento del 3%-8% delle vendite a livello globale rispetto al 2019.

Dal punto di vista geografico, secondo quanto afferma l’indagine, Cina e Stati Uniti rappresentano i leader di questa crescita mentre l’Europa registra un leggero ritardo in quanto dovrà aspettare il ritorno del turismo internazionale per poter accelerare il passo. Di conseguenza, la velocità di ripresa tra le varie nazioni sarà irregolare e ciò dipenderà non solo dalla presenza di sistemi sanitari ed economici resilienti ma anche dalla capacità dei manager di saper esaminare con attenzione le nuove opportunità di investimento e sfruttare i nuovi trend di mercato che a seguito del covid -19 sono mutati. Richiamando il concetto di “distruzione creatrice” dell’economista Schumpeter, è richiesto un processo di rinnovamento sulla base dell’attuale contesto circostante. Questioni riguardanti tematiche sociali e ambientali come la disparità di genere, l’inclusività e la sostenibilità continueranno ad essere dei punti fondamentali per le imprese del fashion. Molti brand cercheranno di indirizzarsi verso un modello di business circolare in grado di ridurre il più possibile gli sprechi e allungare il ciclo di vita del prodotto.

Altra opportunità di crescita rimarrà il digitale, che ha visto un incremento degli utenti nel mondo del gaming e nell’utilizzo della realtà virtuale. Allo stesso modo, le app di e-commerce avranno un ruolo importante per le vendite ed il marketing; di pari passo, poi, vi è il tema della sicurezza informatica contro eventuali attacchi di hacker.

Una sfida più difficile riguarda le pressioni sulla supply-chain che per il 67% degli intervistati causerà un aumento dei prezzi retail del 3%, mentre per il 15% comporterà un incremento dei prezzi più del 10%. Ciò è dovuto alla complessità del sistema di approvvigionamento, ad un aumento dei costi di spedizione e delle materie prime che comportano la necessità di costruire una catena di fornitura all’avanguardia e flessibile. L’impossibilità di poter viaggiare senza alcune limitazioni a livello internazionale che, come afferma il report, sarà prevista nel 2023/2024, ha ridimensionato in parte il concetto di lusso portando le grandi imprese a porre maggiori attenzioni ai consumatori locali in un’ottica di ciò che viene definito “domestic luxury”. Infatti, diversi sono i brand che si sono adattati alle esigenze e culture locali dei consumatori per costruire una relazione significativa con loro. Di conseguenza, potrebbero essere necessarie nuove strategie di marketing caratterizzate da eventi in grado di rafforzare la community e un mix di merce volto a soddisfare sia i gusti domestici sia quelli dei turisti in arrivo.

La creatività insieme al design saranno gli elementi primari che guideranno il coinvolgimento con il consumatore. È quanto afferma Stefan Larsson, amministratore delegato di PVH corporation secondo cui, nel 2022, sarà proprio la creatività stessa ad essere fattore di differenziazione. Similmente, lo studio di design Tiffany Hill crede che “vedremo più dettagli sui capi e saranno questi ad aggiungere valore a un prodotto”.

Sullo sfondo di questi temi vi è, poi, la ricerca del personale e, in particolar modo, la capacità da parte delle aziende di sapere individuare e trattenere i talenti. Quella delle risorse umane risulta essere una sfida ardua e complessa dal momento che il capitale umano resta la base fondamentale per lo sviluppo di un’azienda. Le imprese del settore moda devono mantenere un certo livello di competitività nel mercato, migliorando le condizioni lavorative dei dipendenti e facendo attenzione ai loro bisogni ed esigenze. Stando alle parole di Caroline Pill, responsabile presso Kirk Palmer Associates, i dipendenti sono per lo più attratti da fattori che si riconducono al chiedersi “quale è il mio impatto all’interno dello schema aziendale?”.

Si tratta di identificare il livello di significatività (“psychological meaningfulness”) che il lavoratore percepisce, cioè la consapevolezza del contributo del proprio lavoro nel perseguimento degli obiettivi dell’organizzazione. A fianco di ciò, sarà cruciale per quest’ultima dimostrare i propri valori e la propensione verso una responsabilità sociale al fine di poter attrarre nuove generazioni di talenti. Aziende che, fino ad oggi, hanno fatto affidamento sul fascino intrinseco del settore e sul potere del brand in questione, devono incrementare gli sforzi in modo tale che i dipendenti siano apprezzati e valorizzati per ciò che fanno.  Per rendere più efficace la ricerca ed essere più competitivi, sarà necessario utilizzare strumenti di selezione all’avanguardia e dedicarsi con maggiore impegno a pratiche di employer branding.

Negli anni a venire, aziende che non dimostrano un rinnovamento e uno slancio verso il cambiamento potrebbero non essere più attrattive nel mercato, mentre risulteranno vincitrici coloro che riescono a intraprendere azioni in linea con i nuovi trend e sapranno dialogare a fondo con i propri dipendenti e con i soggetti esterni.

B20 e futuro digitale

B20 e futuro digitale

“Reshape the future: include, share, act” è l’ambizioso messaggio lanciato dal Business 20 (B20), stabilito nel 2010. Questo forum ufficiale, emanazione del G20 e rappresentante la comunità del business globale, agisce per indicare piani d’azione per la crescita globale e lo sviluppo sostenibile. Il B20 ha deciso di accogliere a braccia aperte le diverse sfide che accompagnano i nostri tempi, dalla Digital Transformation al mercato del lavoro passando per le sfide del riscaldamento globale e le risposte alle emergenze internazionali, tra cui ad esempio il COVID-19.

Uno dei pilastri del forum è l’innovazione tecnologica, che abbraccia tutte le sfere della quotidianità e ha il potenziale per influenzare positivamente la crescita sostenibile globale nel futuro. La principale forza motrice di questo studio è la cosiddetta azienda del futuro, ovvero una nuova realtà che fa dell’automatizzazione dei processi industriali la propria spina dorsale. La smart factory riesce a coniugare esperienze, interazioni, automazione e processi digitali per la creazione di un ecosistema dove persone, prodotti, servizi e fabbrica risultino interconnessi tra loro.

La Digital Transformation rappresenta al tempo stesso il fulcro e il motore di questo cammino di innovazione tecnologica e digitale. Per compiere questo “salto nel futuro” è necessario ripensare il proprio mindset manageriale in termini di organizzazione aziendale, processi e infrastrutture. Così l’impresa sviluppa modelli del tutto nuovi che permettono ampia condivisione delle informazioni e la capacità di creare un nuovo tessuto di dati e informazioni interconnessi tra loro.

Il tema della digitalizzazione cresce a pari passo con il tema Sostenibilità e le sue varie sfaccettature. Lo sviluppo a braccetto di queste due tematiche è stata la chiave la volta del grande successo rappresentato dall’approvazione del Piano Next Generation UE che rappresenterà il pilastro della grande sfida della transizione ecologica e digitale che ci attende nei prossimi anni. Di convesso questi principi hanno esercitato una forte influenza nella redazione del Piano Nazione di Ripresa e Resilienza (PNRR) che ha l’obiettivo di accelerare i processi di transizione e modernizzazione del tessuto produttivo e ridurre i divari che ostacolano lo sviluppo omogeneo del Paese.

In questo scenario la task force guidata dall’Italia ha evidenziato un trend di crescita in specifiche aree afferenti al mondo dell’Industria 4.0, quali Big Data, Intelligenza Artificiale (AI) e l’Internet of Things (IoT) sottolineando come il 60% della crescita globale sarà trainata dal digitale entro il 2022. Questo pone maggiore importanza sul lavoro del B20, ora maggiormente concentrato sullo sviluppo delle competenze digitali per le PMI e la replicabilità e scalabilità nelle diverse geografie rappresentate dal gruppo di lavoro, utili a creare un’eredità fruibile per l’innovazione del futuro.

Il grande lavoro portato avanti si è esplicitato questo anno con la pubblicazione della “Digital Use Cases Library” che verrà presentata nell’evento conclusivo di Roma del 7 e 8 Ottobre.  La pubblicazione segna una decisa svolta per la diffusione dell’innovazione e dei pilastri di Industria 4.0 perché presenta più di 80 casi studio di innovazioni tecnologiche che coinvolgono più 20 organizzazioni afferenti a svariati settori industriali impegnati nella ricerca e sviluppo di nuove soluzioni.

Il processo di digitalizzazione è un caposaldo imprescindibile per le aziende che vogliono restare competitive sul mercato e al contempo innovare prodotti e processi aziendali adottando nuove strategie e una rinnovata mentalità manageriale. Le opportunità di investimento sono molteplici grazie agli sforzi profusi nel Piano Next Generation UE. Noi di Mas Management Network abbiamo una grande esperienza nel mondo Industria 4.0 e nell’accompagnamento alla transizione digitale delle imprese. Offriamo supporto omnicomprensivo alle aziende che vogliono cimentarsi nelle sfide del futuro ed implementiamo piani di crescita contrassegnati dall’innovazione digitale e tecnologica.