by Redazione | 12 December 2012 | Articoli, Blog
Si parla molto di Visual Management, inteso come la Gestione a Vista applicata ai processi.
Tale metodologia permette di visualizzare mediante semplici strumenti gli stati di avanzamento dei processi aziendali, rendendoli visibili agli attori stessi di processo.
Obiettivo fondamentale è dunque quello di rendere istantaneamente fruibili tutte le informazioni legate allo stato di avanzamento del processo, mettendo in particolare in luce le possibili criticità che si generano, potendole dunque attaccare in tempo reale.
Le metodologie legate al Visual Management, che possono essere utilizzate non solo in fase di svolgimento del processo, ma anche in fase di analisi dello stesso, riducono notevolmente gli interventi di allineamento intermedio, dato che permettono il costante aggiornamento di stato con conseguente definizione delle attività di miglioramento da introdurre, nell’ottica di riduzione degli sprechi.
Si rende pertanto efficiente non solo la gestione del processo ma anche la fase di pianificazione e aggiornamento dello stesso.
In ambito Lean, i concetti del Visual Management si legano alla gestione a vista proposta dalla metodologia delle 5S per l’ottimizzazione del posto di lavoro (si rimanda al link https://www.mas.mn/le-5s-per-lottimizzazione-del-posto-di-lavoro/).
Gli stessi principi possono essere applicati anche per la gestione dei processi transazionali in ambito Lean Office; nell’ambito dei servizi e dei processi di servizio, la riduzione degli sprechi è infatti spesso legata ad aspetti intangibili a volte di difficile individuazione.
I servizi si basano su transazioni piuttosto che su operazioni fisiche di trasformazione.
La transazione è l’unità elementare, così come le operazioni sono le unità elementari all’interno delle attività manifatturiere. I processi transazionali si basano dunque su transazioni. In quest’ambito il Visual Management assume un ruolo davvero importante per la gestione dei processi e il monitoraggio dello stato avanzamento e dei flussi informativi correlati.
Dall’esperienza dei consulenti di MAS, le tecniche del Visual Management rappresentano davvero un valido strumento di analisi e successiva gestione.
by Redazione | 5 July 2012 | Articoli, Blog
In occasione dell’Assemblea Generale Acrib (associazione Calzaturieri Riviera del Brenta) tenutasi di recente, il sociologo Enrico Finzi è intervenuto, come ogni anno, illustrando il suo punto di vista in relazione all’attuale scenario. Enrico Finzi è presidente di AstraRicerche (indagini sociali e di marketing, scenari e consulenza), sociologo e giornalista professionista. Ci è sembrato interessante riportare i punti salienti del suo intervento.
Dalle ricerche periodiche è emerso che solo il 29% degli Italiani descrivono la propria condizione socio economica in termini positivi, il rimanente 71% si dimostra totalmente negativo. L’andamento appare decisamente preoccupante, basti pensare che nel gennaio 2010 il 52% diceva che le cose andavano bene, e a giugno 2011 si era al 45%. Si tratta di un tracollo concentratosi in particolare durante questi ultimi 13 mesi, mesi in cui il mercato domestico è divenuto sempre più difficile. Alla domanda “come prevede si evolva la situazione fino a giugno 2013?” solo il 39% manifesta sensazioni di ottimismo, dato molto basso se confrontato con lo stesso a gennaio 2010, che si attestava intorno al 63%.
Tuttavia negli ultimi mesi, sebbene la situazione non abbia di fatto subito alcun miglioramento, si è verificata una crescita di tale percentuale dal 34 al 39% (dato attuale), ciò significa che 2 milioni di Italiani che fino a qualche mese fa si dimostravano nettamente pessimisti, ora si rtrovano ad aver acquisito maggiore fiducia e speranza per il prossimo futuro.
Secondo il sociologo, tale dato risulta particolarmente interessante e in relazione ad esso individua quattro motivazioni alla base di questo cambio di tendenza:
- L’Italia calcistica, che almeno in quest’ambito è “riuscita a suonargliele alla Germania”; i grandi fenomeni collettivi a volte aiutano.
- L’andamento delle trattative a livello Europeo.
- Il ritorno all’ottimismo degli Italiani colpiti dal sisma.
- La constatazione derivante dall’osservazione del Popolo Italiano nelle diverse epoche che fa emergere il fatto che noi Italiani non siamo capaci di stare al lungo depressi, abbiamo bisogno di risalire dopo un periodo di crisi, quasi avessimo una propensione naturale a rialzarci in piedi.
Se non si può dire che il peggio è passato, di certo è lecito pensare che ci siano i buoni presupposti per scommettere nel futuro indipendentemente dall’andamento attuale delle cose.
Come affrontare dunque questo futuro? Dove andare? Cosa fare?
Le ricerche aiutano a capire, e ci dicono che:
- L’export è quello che salverà le imprese, bisogna insistere sui processi di internalizzazione
- Investire ulteriormente sull’innovazione digitale, sul web, che attualmente ancora pochi sfruttano; di fatto il web rappresenta una risorsa low cost e costituisce una grandissima opportunità, web inteso non solo come e-commerce ma strumento per informare, spiegare, documentare, rendere attrattivo, in definitiva COMUNICARE.
- Investire di più nelle innovazioni di processo, è necessario razionalizzare l’impiego delle risorse, razionalizzare i processi , abbattere gli sprechi, senza nulla togliere alla cultura di mestiere.
- Potenziare il brand building, le aziende, in particolare le calzaturiere, sono ancora troppo carenti nella comunicazione, essere in grado non solo di fare ma anche di far sapere.
- Tornare ad avere voglia di investire.
Sarà dunque necessario orientarsi ad un cambiamento che dovrà essere continuo e per far ciò la ricetta prevede 5 ingredienti essenziali, che secondo il sociologo, potranno veramente fare la differenza:
- Sognare, in questo particolare momento l’analisi razionale può solo rallentare il percorso che si intende intraprendere.
- Avere simpatia per il cambiamento, che ci deve incuriosire e non impaurire, è necessario chiedersi cosa si può fare di nuovo per produrre nuovi modelli di successo, e non pensare al successo passato, a quello che è stato fatto.
- Valorizzare maggiormente il contributo delle donne in ambito imprenditoriale.
- Aumentare la flessibilità che, anche se a livelli elevati, deve essere ulteriormente potenziata, perché il futuro sarà molto più dinamico di quanto non sia stato il passato.
- Metterci dell’ ironia e soprattutto dell’autoironia, ossia non prendersi troppo sul serio “non piangersi addosso piuttosto ridersi addosso”.
Molti gli spunti di riflessione, così come molti i punti interrogativi..
Da tutto ciò emerge però la necessità di prendere in considerazione che ora più che mai sia assolutamente necessario cambiare rotta, guardarsi intorno e capire come orientarsi al miglioramento, spogliandosi in parte dell’esperienza passata perché ormai nulla è più come una volta.
by Redazione | 6 April 2012 | Articoli, Blog
Per migliorare l’ottimale utilizzazione del tempo bisogna imparare a governarlo, a tenerlo sotto controllo. La pianificazione delle attività è un mezzo non un fine, ovvero si pianifica per lavorare meglio e non si lavora per pianificare. Non dimentichiamoci che però non tutto è pianificabile: gli imprevisti sono sempre in agguato!
Il nostro tempo non è mai abbastanza… Cosa di fatto ruba il nostro tempo?
Le rilavorazioni, i lavori inutili i doppi lavori… Il troppo lavoro!
Le prime tre categorie riguardano sprechi o perdite di tempo molto facili da riconoscere e, quindi, da affrontare perché basta ridurle o azzerarle.
Per tutto il resto è fondamentale dunque:
- programmare il tempo
- avere chiari gli obiettivi
- evitare di dedicare troppo tempo a problemi e compiti di secondaria importanza.
È interessante a questo proposito, ricordare il Principio di Pareto o legge 80/20. Secondo questa legge, per qualsiasi campo di applicazione il 20% di qualche cosa è solitamente responsabile per il restante 80%, ovvero 20% è importante, 80% è banale.
È come dire che “la maggior parte degli effetti è dovuta ad un numero ristretto di cause”. Applicando la regola al tempo lavorativo se ne deduce che il 20% del lavoro consuma l’80% di tempo e risorse. Quindi molto se non troppo tempo viene sprecato e per cose non importanti. A questo si aggiunga la diffusa abitudine di sentirsi “schiavi del tempo” e avere l’atteggiamento mentale di dover “riempire il tempo” che sono esempi di un approccio fallace.
Programmare il tempo significa di fatto guadagnare tempo. Una buona programmazione porta a svariati vantaggi, in particolare il raggiungimento degli obiettivi prefissati in minor tempo, meno stress e soprattutto porta ad una visione d’insieme dei progetti e delle attività da svolgere.
Ma il fattore più importante è la costanza!
I consulenti MAS vi aiutano a programmare correttamente le vostre attività nel tempo e a fornirvi un metodo di fondo, da seguire costantemente, e al quale conformare i propri comportamenti lavorativi.
by Redazione | 6 April 2012 | Articoli, Blog
Il consulente è normalmente visto come un problem-solver. Spesso è visto come la figura che porta il punto di vista esterno, a cui affidarsi.
Di fatto i consulenti di MAS fanno di più, non si limtano a fornire una soluzione….
Dalla nostra esperienza riscontriamo che spesso il problema viene spesso confuso con il sintomo. In secondo luogo, la soluzione proposta è quasi sempre il frutto di competenze e conoscenze. Ma la mancata analisi delle reali e molteplici cause del problema può portare all’individuazione di soluzioni che possono risultare utili, ma che in seconda istanza possono rilevarsi non troppo efficaci e quasi mai efficienti.
LA DECISIONE
La decisione è l’atto più importante del ruolo manageriale ed infatti, una delle doti più ricercate nei leader è una buona capacità di problem solving e di decision making. Spesso questi termini sono considerati come equivalenti, in realtà sono due attività diverse e distinte: il decision making viene in seconda battuta, cioè dopo che il processo di problem solving ha evidenziato un certo numero di linee di condotta possibili.
FASI DEL PROBLEM SOLVING
Le scelte dei membri di un gruppo avvengono generalmente in un’ottica di problem- solving, in contesti in cui frequentemente non è facile interpretare tutte le informazioni che ci pervengono, in cui molte situazioni sono uniche, in quanto non abbiamo dovuto affrontarne altre analoghe precedentemente, e, invece di essere note, chiare o fisse, le finalità e le mete sono incerte, oscure, ambigue e contrapposte.
Un processo decisionale razionale è un processo complesso che comprende un numero di elementi essenziali. E’ quindi necessario adottare una serie di strategie al fine di trovare la risoluzione migliore ad un problema del gruppo e seguire le seguenti fasi:
1. Identificare il problema: il riconoscimento che esiste un problema da affrontare.
Solo quando un problema è stato identificato può iniziare in modo razionale il lavoro di ricerca della sua soluzione. Tipicamente, il riconoscimento di un problema è cosa ovvia e immediata. Una volta che siamo consapevoli del problema, possiamo intraprendere azioni per risolverlo nel modo migliore che possiamo.
2. Definire gli obiettivi. In un certo senso, qualsiasi problema è una situazione il cui verificarsi ci impedisce di conseguire obiettivi precedentemente fissati. Quindi, la definizione dell’obiettivo è il processo con cui si descrive in modo preciso ciò che si intende ottenere.
3. Raccogliere i dati pertinenti. Per poter prendere adeguatamente una decisione, si deve innanzitutto raccogliere informazione adeguata. Potrebbe essere un lavoro difficile decidere quali dati siano importanti e quali no. La grande disponibilità di dati complica ulteriormente questo lavoro. In tale processo, la raccolta dei dati pertinenti è generalmente una delle fasi più difficili dell’intero processo.
4. Identificare le alternative praticabili. Perché il processo decisionale possa avere luogo, si deve disporre di possibili alternative di azione.
5. Selezionare il criterio per valutare l’alternativa migliore. L’attività centrale di un processo decisionale è la scelta tra le alternative. Logicamente, si vuole scegliere l’alternativa migliore. Questo tuttavia può essere fatto solo se definiamo cosa intendiamo per migliore. Dovrebbe esserci un criterio o un insieme di criteri per valutare quale alternativa è la migliore.
6. Costruire il modello: stabilire le relazioni tra l’obiettivo, le alternative, i dati raccolti, e il criterio di valutazione.
7. Stimare i risultati previsti di ciascuna alternativa. Il modello costruito è poi utilizzato per stimare in anticipo il risultato di ciascuna alternativa fattibile.
8. Scegliere l’alternativa migliore con riferimento all’obiettivo dato. Quando i sette passi del processo decisionale prima visti sono stati completati, il passo finale è la scelta dell’alternativa migliore. Se tutti gli altri passi del processo sono stati fatti in modo accurato, possiamo effettuare la scelta dell’alternativa migliore (ossia quella che meglio soddisfa il criterio di scelta adottato) con qualche fiducia che sia effettivamente la soluzione più adatta al particolare problema.
DECISION MAKING DI GRUPPO
La maggior efficienza dei gruppi rispetto agli individui è dimostrata dal fatto che in media il risultato di un gruppo supera quello dell’elemento più dotato che di esso faccia parte.
In un’impresa è quindi normale lavorare in gruppi, comitati o semplicemente riunirsi per discutere, per cui la corretta gestione di questi momenti diventa un elemento importante del processo decisionale.
Più in là del gruppo, nella scala del coinvolgimento individuale, troviamo il team: in esso si nota non solo la semplice comunicazione, ma anche una certa partecipazione emotiva all’obiettivo comune, un certo entusiasmo o comunque il piacere di lavorare insieme.
In particolare, le ragioni che spingono verso la scelta di utilizzare i gruppi all’interno del processo decisionale sono:
- i gruppi di solito producono molte più alternative e molti più approcci ad un problema o ad una decisione, rispetto a quanto non possano fare i singoli membri da soli;
- il gruppo dedica molto più tempo alla ricerca di quanto non facciano i singoli membri separatamente e, grazie alla concentrazione di risorse e di abilità al suo interno, ha un afflusso di conoscenze maggiore rispetto qualunque suo membro;
- Il gruppo offre un certo appoggio psicologico, utile a fronteggiare eventuali pressioni dell’ambiente esterno;
- I gruppi esaltano l’impegno e riducono le resistenze alle nuove idee, riducendo l’opposizione e suscitando una maggiore comprensione delle scelte che vanno fatte.
Inoltre, data la migliore organizzazione che i gruppi riescono a dare alla propria attività decisoria, le fasi attraverso le quali si raggiunge la decisione sono più chiare e le scelte più ragionate. In questo modo, si innescano i fattori principali capaci di giovare alla qualità della decisione.
IL CONCETTO DI EFFICACIA DI GRUPPO
I manager dovrebbero avere ben chiaro che cosa si intente per efficacia di un gruppo, perché questo ha grande influenza sul modo in cui il gruppo agirà e sui suoi risultati. L’efficacia, del resto, non si limita ai risultati: essa riguarda in larga misura anche la creatività, la soddisfazione e l’apertura mentale che i suoi membri riescono ad esprimere e a provare.
Le caratteristiche principali di un gruppo efficace possono essere riassunte nel modo seguente:
- Alta produttività
- Buona soddisfazione dei membri
- Elevato numero di idee generate
- Grande numero di problemi risolti e buona qualità delle soluzioni
- Notevole intensità della partecipazione emotiva
I consulenti di MAS hanno affinato la capacità a risolvere problemi. Non ci limitiamo dare un sì o un no alle vostre domande, non risolviamo semplicemente il problema… Riteniamo che la ricerca del problema non è fine a se stessa, ma è parte reale della soluzione finale. Quando abbiamo un insieme di soluzioni in mente, quello che facciamo è ridurre il problema alle soluzioni che possiamo prescrivere. In realtà non deve essere così.