Il marketing strategico in 5 fasi

Il marketing strategico in 5 fasi

Il marketing strategico è il processo attraverso il quale un’impresa determina la strategia competitiva più adatta per conseguire i propri obiettivi di medio-lungo termine. Poiché in generale le attività di marketing aiutano ad attirare le persone verso la propria attività, è essenziale non solo sapere come attirarle, ma ancor prima sapere chi sono e come poter comunicare con loro: il modo in cui si possono ottenere queste informazioni è il cuore del marketing strategico. Inoltre, il marketing strategico è ciò che viene svolto dalle aziende che hanno una strategia di marketing chiara e documentata, che guida tutta l’attività. È per sua natura misurato sul lungo periodo ed è il fondamento su cui vengono prese tutte le decisioni di marketing, al fine di creare un vantaggio competitivo sostenibile che consenta una futura crescita redditizia per l’azienda.

Una strategia di marketing può essere considerata come una guida definitiva ad alto livello che determina la direzione in cui sta andando l’azienda. Ciò influirà quindi sul piano di marketing, che è il progetto più dettagliato di come verrà attuata la strategia. Sotto il piano di marketing vi saranno attività tattiche specifiche ed azioni pratiche. Trascurare il livello strategico significa compiere azioni standard che somigliano più ad una sorta di lista di controllo: scegliere il logo, avere un sito web aggiornato e una presenza sui social media, indire una campagna pubblicitaria, ecc. Tuttavia si tratta di scelte che possono rivelarsi poco efficaci se non c’è una solida motivazione per ciò che si sta facendo. Il processo di marketing strategico, invece, prevede la conduzione di ricerche e la definizione di scopi e obiettivi che massimizzeranno l’efficacia e il successo della strategia di marketing complessiva.

L’implementazione di un piano strategico può essere sviluppata per fasi:

  1. Fase di pianificazione: è il passaggio più critico e serve ad identificare lo scopo dell’attività, le esigenze e gli obiettivi che si desidera raggiungere.
  2. Fase di analisi: la fase di analisi comporta uno sguardo esteriore su come la tua azienda si confronta con i concorrenti nel suo settore. Andranno condotte ricerche di mercato e analisi della concorrenza, cercando di ottenere una comprensione completa di chi sono i clienti, dei loro bisogni, desideri, interessi e di dove si possono trovare all’interno del mercato.
  3. Fase di sviluppo: si tratta di stabilire le tattiche di marketing che sono informate dal processo di marketing strategico, ovvero il modo in cui verranno raggiunti gli obiettivi della fase 1 riguardanti le informazioni scoperte durante la fase 2. Ciò viene deciso prevedendo la definizione del marketing mix, che è composto da prodotto (cosa viene venduto), prezzo, luogo (dove viene venduto) e promozione (canali e modalità pubblicitarie).
  4. Fase di attuazione: si inizia ad implementare la strategia sviluppata sulla base della pianificazione e ricerca di mercato. Si lancia il prodotto e si comincia a vendere.
  5. Fase di controllo: è importante verificare l’efficacia delle azioni intraprese e rivedere i processi, apportando le modifiche necessarie. Poiché il mercato è in continua evoluzione, potrebbe essere necessario rivedere alcuni aspetti delle fasi precedenti a causa delle nuove tendenze, del cambiamento degli interessi dei consumatori o del mancato successo delle tattiche scelte inizialmente.

Il marketing strategico è importante perché permette di massimizzare il ritorno sull’investimento, di valutare le opportunità in modo efficace mediante una guida che permette scelte razionali, di assicurarsi che tutto il personale si muova nella stessa direzione e infine di gestire tutte le attività promozionali in modo misurato ed efficiente. La strategia di marketing è un elemento cruciale per qualsiasi azienda che stia cercando di crescere in modo redditizio.

La trasparenza aziendale come vantaggio competitivo

La trasparenza aziendale come vantaggio competitivo

Sul fatto che il mondo del fashion stia cambiando non ci sono dubbi. Tuttavia, sebbene molte imprese abbiano adottato un approccio direzionale in linea con le nuove prospettive, resta calda la questione riguardante la trasparenza aziendale che ultimamente sta diventando un caposaldo rilevante per il settore moda. Con questo termine si definisce la procedura, più o meno dettagliata, attraverso cui un’azienda decide di comunicare all’esterno tutte quelle caratteristiche e processi che determinano la creazione di un prodotto o servizio, nonché le iniziative e operazioni che si intendono intraprendere per raggiungere la mission di fondo. Non mancano a tal riguardo, riferimenti agli impatti ambientali che ne derivano così come agli interessi sociali rivendicati, quali diritti umani e pratiche di inclusività. All’interno dell’industria del fashion, se in passato tale aspetto veniva posto in secondo piano e non sempre gli veniva attribuita una giusta considerazione, ora risulta essere un fattore determinante per ottenere un vantaggio competitivo all’interno del mercato.

Il consumatore è molto più sofisticato rispetto a qualche anno fa; è incline a conoscere con maggior precisione le caratteristiche del prodotto che acquista ed è più attento a considerare i risvolti positivi e negativi delle sue azioni. Infatti, la consapevolezza di contribuire indirettamente a ridurre, ad esempio, gli impatti ambientali con l’acquisto di un prodotto sostenibile, genera valore sia per l’azienda sia per il consumatore stesso. Questo comportamento più esigente e selettivo, ha portato le aziende a cercare di comunicare il proprio operato con un approccio più chiaro e trasparente mettendo in luce gli obiettivi e i risultati che vengono raggiunti. Ciò determina un incremento dell’engagement tra l’organizzazione e il cliente che può effettuare un acquisto più cosciente sulla base delle informazioni che riesce a reperire.

Dalla tragedia di Rana Plaza avvenuta nell’aprile del 2013, che mise in luce le pessime condizioni in cui i lavoratori erano sottoposti, diverse iniziative e miglioramenti sono stati intrapresi dall’industria del fashion affinché i diritti umani venissero tutelati e ci fosse una maggiore trasparenza lungo l’intera supply chain. Per incentivare i grandi brand a divulgare una maggiore credibilità e confrontare i diversi livelli di trasparenza, è stato creato il Fashion Trasparency Index che nell’ultimo report del 2021 (cfr. Fashion Revolution) ha analizzato il grado di trasparenza di 250 grandi marchi e rivenditori sulla base di alcuni indicatori raggruppati in 5 macro-aree:

  • Policies and commitments
  • Governance
  • Supply chain traceability
  • Know, show e fix
  • Spotlight sulle azioni messe in atto in risposta al covid-19.

(Per vedere la classifica dei brand clicca qui)

Lo scopo non è solo quello di rendere più consapevole l’acquisto che si sta facendo, ma anche promuovere un senso di attivismo che salvaguardi i diritti umani di tutte le persone coinvolte nel processo produttivo. Come afferma il report, la mancanza di trasparenza comporta l’incapacità di adottare tempestivamente misure di intervento contro gli abusi nei confronti dei soggetti coinvolti e del pianeta. È bene ricordare, infatti, che trasparenza non significa sostenibilità ma che quest’ultima è raggiungibile solamente attraverso una nitida e comprensibile comunicazione degli impatti sociali e ambientali.

Spesso, parte del problema risiede a monte della catena produttiva che risulta essere complessa e opaca in quanto emergono squilibri tra i compratori e i fornitori e forme di sub-contratto possono compromettere la salute dei lavoratori. Infatti, secondo l’indagine condotta dal Fashion Revolution, sebbene il 62% dei brand intervistati mette in evidenza gli impatti ambientali delle operazioni a valle della filiera, essi non mostrano questi dati a livello di tutta la catena di approvvigionamento, dove si verificano circa l’80% delle emissioni. Altra questione importante, riguarda il fatto che quasi tutti i brand (99%) non rilevano il numero di lavoratori a cui non viene garantito un salario sufficiente per vivere nel proprio Paese. Si tratta, in particolare, di persone provenienti da Bangladesh, India, Cina e Indonesia che sono occupate nella fase di manodopera.

Cosa si può fare, allora, per evitare di alimentare un tale sistema e raggiungere un grado più elevato di trasparenza? Come prima cosa, ci deve essere un reciproco impegno tra il consumatore e l’azienda: ciò che può fare il primo è effettuare un acquisto più consapevole sulla base delle caratteristiche del prodotto in questione, mentre spetta al secondo provvedere a comunicare tali informazioni. Per facilitare questo interscambio, risulta efficace adottare un sistema di tracciabilità delle varie fasi produttive basato sull’utilizzo della blockchain (qui il nostro articolo a riguardo) che può garantire maggiore chiarezza ad ogni livello della catena di produzione fino al consumatore finale. L’Onu stessa è pronta a promuovere una forma di tracciamento da utilizzare come modello per tutte le imprese. (cfr. A global call for full supply chain transparency in the clothing sector).

Ulteriore strumento importante che si sta sviluppando è il così detto passaporto digitale messo a punto da Federico Marchetti (fondatore di Ynap) che, durante il G20 di Roma, insieme ad altri componenti della Fashion Taskforce, ha presentato la nuova iniziativa con lo scopo di fornire al cliente la storia del prodotto che si acquista. Si tratta di delineare in che modo i capi vengono realizzati, come sono stati distribuiti e che tipo di trattamento è stato eseguito. In tal modo, si avrà una visione più completa e veritiera di ciò che si indossa facilitando, di conseguenza, lo sviluppo di un’economia più sostenibile. Similmente, la Responsible Business Coalition, Accenture e Vogue, sta sperimentando l’introduzione di un logo digitale nei siti web da poter poi essere applicato anche sulle etichette stesse dei prodotti fisici che mostra, cliccandoci sopra i criteri ambientali o etici che l’indumento soddisfa (cfr. Impact Index, Vogue).

Se da una parte, come afferma lo studio condotto dal Global Luxury Brands Survey Report, il 70% dei brand analizzati prevede di migliorare i profitti nei prossimi due anni, è bene tenere presente che oltre alle entrate, un fattore determinante sarà rappresentato proprio dal grado di trasparenza aziendale riguardante le politiche, le pratiche e gli impatti a livello ESG (Environmental, Social and Governance).

Il rinnovato approccio Omnichannel nella customer journey

Il rinnovato approccio Omnichannel nella customer journey

La strategia Omnichannel è definita dai più come “la gestione sinergica dei vari punti di contatto (o touchpoint) e canali di interazione tra azienda e consumatore per ottimizzare l’esperienza del consumatore”. La rinnovata attenzione a un approccio di marketing omnicanale deriva da un processo di evoluzione: la rivoluzione digitale ancora in corso, coadiuvata dall’esplosione delle piattaforme social, ha innescato una crescita e conseguente modifica di preferenze e bisogni del compratore. Il cliente non è più fruitore passivo di informazioni da parte dell’azienda ma è diventato multitasking e interattivo; non si accontenta più del singolo atto di acquisto ma è alla ricerca di un’esperienza totalizzante mediata attraverso diversi canali.

L’emergenza Covid-19 ha impresso una forte spinta alla digitalizzazione delle imprese e alla ricerca di nuove metodologie e campagne di coinvolgimento del consumatore. La crescita dell’e-Commerce ha fornito ampio spazio all’innovazione tecnologica e di processo nel mondo del retail facilitando la sperimentazione di nuove soluzioni nel rapporto tra consumatore e brand. In questo scenario socio-economico di continui stravolgimenti del paradigma del processo di vendita caratterizzato da un consumatore ubiquo, iperstimolato e ben informato si è fatta strada l’affermazione dell’importanza delle strategie di customer engagement che ridisegnino un’esperienza d’acquisto integrata ed appagante.

Nella definizione di customer engagement è importante sottolineare l’approccio proattivo e creativo del consumatore nella co-creazione di esperienze d’acquisto e il tipo di relazione intessuta con il marchio che varia a seconda delle preferenze e del tipo di servizio o prodotto che si offre. Nel marketing omnicanale le “interazioni brand-consumatore investono la sfera cognitiva, emotiva e comportamentale” (cfr. Marketing Esperienziale. Come sviluppare l’esperienza di consumo, FrancoAngeli, 2018). Così si incoraggia un processo di fidelizzazione incidendo sulla routine quotidiana dell’utente, laddove egli condivide mission e vision aziendale e tende ad essere collaborativo, agendo come una sorta di brand ambassador.

La strategia omnicanale integra i touchpoint fisici (negozio, assistenza clienti…) e digitali (e-commerce, app..) creando una soluzione fluida, interconnessa e piacevole per il consumatore. Per supportare questo processo risulta fondamentale investire tempo e risorse nell’elaborazione in tempo reale della mole elevata dei dati. Il CRM marketing risulta una scelta vincente perché permette “un ritorno sugli investimenti in media di 8,71 dollari per ciascun dollaro speso, valore più che triplicato per CRM fruito in cloud” (cfr. Nucleus Research). Il CRM marketing facilita la comunicazione con il cliente su più canali (Whatsapp, bot, Messenger) e opera un tracciamento della customer journey, dall’anagrafica alle interazioni, così da intercettare efficacemente l’evoluzione e i cambiamenti delle preferenze del cliente.

In definitiva i principali vantaggi di una strategia Omnichannel sono:

  • Massimizzazione della customer loyalty.
  • Ottimizzazione dell’esperienza di vendita.
  • Integrazione di ordini e disponibilità tra i vari canali.
  • Miglioramento della reputazione del brand.
  • Marketing personalizzato su misura dell’utente.
Innovazione e Industria 4.0 al Green Logistics Expo di Padova

Innovazione e Industria 4.0 al Green Logistics Expo di Padova

Green Logistics Expo 2018Si è conclusa oggi 9 marzo alla fiera di Padova la prima edizione di Green Logistics Expo 2018, in cui MAS ha presenziato con il suo stand durante tutte le tre giornate della manifestazione. Nata quest’anno come punto di riferimento per la nascita di collaborazioni e divulgazione di prodotti e servizi innovativi nel settore della logistica (secondo l’amministratore delegato del Gruppo FSI, Renato Mazzoncini “finalmente anche l’Italia ha una manifestazione di riferimento per la logistica”), Green Logistics Expo ha visto la partecipazione di visitatori interessati a circa 250 aziende provenienti da 8 paesi, oltre 50 eventi organizzati, tra convegni e workshop, ed oltre 250 relatori di prestigio. Il tutto suddiviso in quattro aree tematiche: intermodalità, logistica industriale, e-commerce, city & logistics.

Allo stand di MAS, nel padiglione 8, abbiamo presenziato e ci siamo resi disponibili a descrivere il nostro operato come società di servizi alle imprese e di consulenza gestionale e direzionale, con un occhio rivolto ovviamente alle innovazioni pubblicizzate in fiera, ed in particolare a quelle riguardanti i temi “caldi” della Sostenibilità, della realtà virtuale/aumentata a servizio della produzione e della logistica di magazzino, dell’interconnessione di macchinari e del loro controllo da remoto, della gestione dati e della loro sicurezza. Come prevedibile, sono stati numerosi i nuovi prodotti e relativi servizi presentati da grandi e piccole realtà imprenditoriali a supporto di queste attività ad alto tasso tecnologico, tipiche oggi dei progetti d’innovazione di successo.

Green Logistics Expo Padova FieraDi particolare attualità risultano infatti tutte le tematiche relative ad Industria 4.0, sia come piano internazionale per l’innovazione d’impresa a tutti i livelli, volto all’integrazione degli impianti industriali con tecnologie di rete al fine di sfruttare al massimo le potenzialità dei sistemi di comunicazione, sia come insieme di benefici, anche fiscali, cui si può direttamente accedere. Su questo abbiamo cercato di dare il nostro contributo informativo agli interessati.

Come anche imminente è l’entrata in vigore del Regolamento europeo sul trattamento dei dati personali, il cosiddetto GDPR: gli obblighi per le imprese qui, com’è facile immaginare, sono strettamente legati alle nuove tecnologie (ed in particolare al web), e le procedure da implementare nel prossimo futuro dovranno necessariamente svilupparsi in sinergia e compatibilmente con esse, vista la gran mole di dati che ogni impresa di qualunque settore si trova oggi a dover gestire.

Studenti Iusve e stand Interporto PadovaIn occasione di Green Logistics Expo, inoltre, sono state inaugurate quattro gru elettriche a portale con le quali l’Interporto merci di Padova moltiplica di oltre il doppio la capacità di movimentazione del proprio terminal intermodale, senza necessità di alcun ampliamento di superficie. Fondamentale infatti è stato il ruolo di supporto all’intera manifestazione di Interporto Padova Spa.

La fiera, grazie anche alla grande partecipazione di pubblico ai seminari dedicati al settore digital ed alle attività di e-commerce, è stata tra l’altro un’occasione di importante divulgazione. Walter Macorig di MAS, docente allo Iusve, si è occupato di coordinare un nutrito gruppo di suoi studenti in una serie di attività redazionali – dalla scrittura di articoli alle interviste sul posto, dallo sviluppo ed immediata pubblicazione di contenuti web al confezionamento di recensioni, resoconti, video e foto che rimarranno a disposizione per le campagne divulgative della manifestazione.

Green Logistics Expo 2018In generale, si può parlare di un evento ben organizzato e riuscito, sebbene sia agli esordi ed abbia grandi potenzialità per ingrandirsi e strutturarsi maggiormente. Dal canto nostro è stata una discreta vetrina per ribadire i temi attuali di innovazione industriale, Industria 4.0, GDPR e Sostenibilità, nonché un’ottima occasione per stringere collaborazioni ed allargare le nostre conoscenze: per non farsi trovare impreparati al cambiamento.

Digital & Fashion al DigitalMeet 2017

Digital & Fashion al DigitalMeet 2017

DigitalMeet 2017Si è da poco conclusa la rassegna di incontri, convegni e conferenze chiamata DigitalMeet 2017, che per il quinto anno consecutivo ha proposto più di 140 appuntamenti dedicati alle nuove tecnologie digitali, con la presenza di oltre 300 ospiti esperti in materia. Obiettivo: l’alfabetizzazione digitale per cittadini ed imprese del territorio. In particolare si è svolto venerdì 20 ottobre, presso la sede dell’ACRiB (Associazione Calzaturifici della Riviera del Brenta) a Stra (Ve), un interessante incontro riguardante le tecnologie digitali applicate al mondo della manifattura nel settore del Fashion.

La presentazione di Stefano Miotto

Moderata da Walter Macorig di MAS management network e docente alla IUSVE, e presentata da Stefano Miotto – amministratore delegato del Politecnico Calzaturiero – la tavola rotonda ha sviscerato, grazie anche alla partecipazione del pubblico (interessante e riuscito esperimento è stato l’utilizzo di un sistema di smart messaging in tempo reale per la comunicazione tra relatori ed astanti, imbastito dagli studenti del corso di Marketing Digitale dell’Università IUSVE e molto utilizzato ed apprezzato dai presenti), la principali tematiche tecnologiche e di comunicazione legate alla rivoluzione digitale dell’Industria 4.0.

Walter Macorig e gli studenti di IUSVEOspiti del convegno sono state diverse figure professionali del mondo del Fashion, dei settori industriali legati alla moda ed alla manifattura di alta qualità, della formazione e della consulenza tecnologica alle imprese nonché della comunicazione aziendale. Hanno infatti dato il loro prezioso contributo, nell’ordine di intervento: Marco Cossutta, partner di Reply ed esperto di tecnologie digitali per l’industria Fashion & Luxury; Ruggero Toniolo, esperto di prodotto, produzione e sistemi informativi per Louis Vuitton; Mauro Tescaro – Direttore del Politecnico Calzaturiero e promotore nell’occasione di un sistema integrato per la tracciabilità del prodotto; Alessandra Tugnolo della ditta CDivertiamo che produce calzature di lusso; Giorgio Sperandio, libero professionista e docente del Politecnico, esperto in progettazione CAD 3D per la calzatura; Silvia Tebaldi di ITS Cosmo, scuola di formazione professionale in ambito moda; Francesco Candeo, libero professionista e digital strategist.

Tra gli argomenti affrontati, coerenti col sottotitolo dell’incontro: “come i nuovi strumenti digitali possono migliorare il business e le operazioni delle aziende del Fashion”, è doveroso segnalare alcuni topics che si sono rivelati molto gettonati, in particolare riguardanti le potenzialità e le conseguenze dell’implementazione di un sistema di e-commerce per le imprese; il tema degli archivi digitali e tutto ciò che comporta in termini di asset digitali (efficienza operativa, accentramento della conoscenza, rappresentazione rapida), di nuove risorse e di riduzione dei costi grazie all’informatizzazione; il tema dell’intelligenza artificiale per lo sviluppo di interconnessioni digitali in ottica Industria 4.0; il content marketing e l’importanza della divulgazione di contenuti sul web; infine la spinosa questione dell’occupabilità e delle nuove opportunità lavorative in campo digitale.

Forti di un impegno sempre maggiore a supporto dell’innovazione aziendale, a noi di MAS non rimane che darvi appuntamento al prossimo anno per la sesta edizione del DigitalMeet.